sabato 29 marzo 2008

CALEIDOSCOPI




(copertina di GEOGADDI by Boards of Canada, Warp 2002)


Perché assaggiare tutti i vini dolci piacentini da appassimento? Per la curiosità di testare cosa bolle in pentola, fare il punto sullo stato dell’arte dei vini passiti (da malvasia di Candia aromatica in particolare) prodotti in zona, coglierne le diverse sfumature (i diversi territori, le diverse tecniche di appassimento e di trasformazione delle uve) per provare a capirne le potenzialità.
Il risultato finale è incoraggiante perché emergono alcuni vini molto buoni e parecchi buoni, comunque una quindicina di bottiglie che ovunque farebbero una bella figura. L’altra buona notizia è che dietro i soliti noti che confermano quanto di buono già si sapeva (ed è più difficile confermarsi che fare un singolo exploit), dietro qualcuno scalpita e inizia a mostrare buona costanza qualitativa nelle poche annate finora prodotte.
Ho assaggiato 44 vini, a tutte le aziende ho chiesto l’ultima annata in commercio, ma qualcuno mi ha fornito campioni delle annate non ancora in vendita, per cui alla fine si contano comunque 38 etichette. Senza considerare i vari Vin Santi (che sarebbero, anzi sono, almeno una decina) che non ho inserito in questa degustazione, più qualche vino che sicuramente mi è sfuggito (…segnalatemi le dimenticanze!). Quindi volendo censire numericamente i vini di questa tipologia si arriva a una cifra intorno a cinquanta, cifra impensabile fino a pochi anni fa, quando non sarebbe neanche stato possibile fare una degustazione del genere. E, lo ripeto, il livello è mediamente buono, con alcune punte d’eccellenza assoluta.

Siamo di fronte a una tipologia di vini probabilmente a un bivio, a una svolta che potrebbe darle il definitivo colpo d’ala. Oggi tante sono le versioni e tante le variazioni sul tema, tanti i modi di appassire, di vinificare.
Penso a un magma, a un caos da cui non emerge chiara una direzione precisa, come un linguaggio confuso che tenta di prendere forma, di organizzarsi e farsi lingua. Un linguaggio dove nulla è stabile e preciso, se non nell’arbitraria soggettiva personale interpretazione delle diverse grammatiche e dei diversi vocabolari usati dai produttori. Dal magma inizia a delinearsi un embrione di discorso, non chiaro né grammaticalmente e sintatticamente perfetto, ma vivo, con alcune singole direzioni chiare e consapevoli. C’è qualcuno che parla già una lingua sicura, mentre altri tentennano e balbettano, ma è fisiologico visto che si parla di un linguaggio in fondo appena nato. Oggi la malvasia da surmaturazione/appassimento è, com’è ovvio che sia, un caleidoscopio d’intenti e risultati. L’importante è capire che quel che più conta non è il metodo, il processo, la ricetta, lo schema, ma l’atteggiamento, la consapevolezza, l’attitudine. Quindi a risultati enologici diversi può corrispondere una lingua comune e possono corrispondere risultati qualitativamente e quantitativamente importanti.
Dalla degustazione emerge una mia personale preferenza per i vini prodotti con appassimento al sole, ok, ma non è detto che ciò sia il meglio e che tutti debbano fare così, ovvio! Non è detto che questa sia LA strada, né che esista LA strada, se non in qualcosa che va ricercato in un atteggiamento teso ad esprimere l’anima del vitigno, qualunque sia il metodo di appassimento. Ad ognuno la sua interpretazione in base ai terreni, al clima, alle proprie idee. L’appassimento al sole assicura interpretazioni più emozionali ed esplosive, mentre all’ombra i vini sono più ricercati e “intellettuali”, a volte più complessi e ricchi di sfumature, tanti vinificano in barriques, tanti no, ma tutti i migliori vini contribuiscono a rendere e a rispecchiare le 1000 sfaccettature dell’uva malvasia e del terroir che la cresce, come in un caleidoscopio degno e rispettoso dei suoi caratteri. Dunque la polpa albicoccosa e pescosa con rimandi agrumati e vegetali-balsamici con timbri magari più freschi o più maturi, la bocca di volume ma (quasi) mai stucchevole, grazie alla grinta dei tannini di cui è naturalmente ricca la buccia, sono alcuni tra i caratteri che si ritrovano nei vini aldilà delle interpretazioni.
E poi ci sono nuove tecniche in sperimentazione come la crioestrazione, utilizzata per 5-6 vini e che pare stia dando buoni risultati. Bisognerebbe avere una conoscenza tecnica maggiore sulle dinamiche e le tecniche dell’appassimento. E i produttori dovrebbero assaggiare i vini degli altri, piacentini e non, ancora troppo pochi sono quelli che lo fanno!
Nei colli piacentini abbiamo un tesoro che si chiama malvasia e che abbiamo rischiato, rischiamo, di dilapidare e di far estinguere o, peggio ancora, di "regalare" ad altri. Ci siamo ahimè innamorati dell'ortrugo e abbiamo snobbato la malvasia. Perle ai porci! Invece Piacenza potrebbe-dovrebbe diventare il punto di riferimento nazionale e mondiale delle malvasia, di quella aromatica di Candia in particolare, ma non solo. Di questo tesoro il testo che segue vorrebbe proporre una prima, incompleta, mappa. Si è all’inizio dell’avventura, in pieno boom per questa tipologia con cui si fa immagine (ma qualcuno fa anche i numeri), dunque forza, le premesse ci sono.
Tra i vini degustati non c’erano solo malvasia in purezza, pure vini da moscato, verdea, con qualcosa di interessante che non è mancato di emergere, anche se le migliori produzioni tra i vini dolci piacentini, Vin Santi di Vigoleno esclusi, ritengo vengano comunque da vini a base di malvasia.

IL DISCIPLINARE
Il Colli Piacentini Malvasia Passito deve essere prodotto con almeno l’85% di malvasia aromatica di Candia e può essere immesso al consumo dal 1° settembre dell’anno successivo a quello della vendemmia. Può essere prodotto in tutto il territorio della doc senza restrizioni geografiche. La resa massima di uva fresca non può superare il 40%. Le uve devono essere appassite “con il metodo tradizionale su pianta e su graticci” (e al sole no???), la spremitura può avvenire dopo il 1° dicembre dell’anno di raccolta.
Per quanto riguarda i parametri chimici minimi o massimi l’alcol complessivo deve essere almeno del 23% e la volatile al massimo di 1,6 g/l, come per i Vin Santi, il resto dei parametri sono all’interno dei confini della decenza quindi non li elenco nemmeno.

I vini degustati sono in parte Colli Piacentini Malvasia Passito (o semplicemente CP Malvasia) doc, Malvasia dell’Emilia igt o, dove non indicato nulla, da tavola.
Tutti i vini sono stati forniti dalle aziende, tranne il Passito di Casa Nova, che ho acquistato presso il negozio “Pane Quotidiano”, in via Calzolai a Piacenza.
Ho assaggiato a bottiglie coperte, a casa mia tra il 16 ed il 18 marzo 2008.

Malvasia Hotel a Monemvasia

I vini degustati:
ANNO QUATTRO (2004)-PERINELLI
BUCA DELLE CANNE (2005)-LA STOPPA
COLLI PIACENTINI MALVASIA GOCCE DI MEMORIA 2004-PODERE CASALE
COLLI PIACENTINI MALVASIA GOCCE DI MEMORIA 2006-PODERE CASALE
COLLI PIACENTINI MALVASIA LE RANE 2004-LURETTA
COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO 2004-CASA NOVA
COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO 2006- IL NEGRESE
COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO 2006-CANTINA SOCIALE VICOBARONE
COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO 2006-CIVARDI
COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO ARQUATUM 2004-VITICOLTORI ARQUATESI
COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO IPERGEA 2005-PODERE PAVOLINI
COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO IPERGEA 2006-PODERE PAVOLINI
COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO L’ARTE CONTADINA 2005-ENRICO LOSCHI
COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO L’ARTE CONTADINA 2006-ENRICO LOSCHI
COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO LUNA DI CANDIA 2005-CANTINA SOCIALE VALTIDONE
COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO MAGISTER2003-IST. PER L’AGRICOLTURA RAINERI MARCORA
COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO NARCISO E BOCCADORO 2006- MALANOTTE
COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO ORA FELICE 2006-LA TOSA
COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO PERLA DI RUGIADA2006-SACCHI
COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO PIRIOLO 2006-LUSENTI
COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO RONCO DELLA SANTA 2005-MONTESISSA
COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO SOLESTE 2005-CASTELLI DEL DUCA
COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO STELLATO 2006-SANTA GIUSTINA
COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO UVE SOLE 2005 (campione imbottigliato da pochi giorni)-CAMPANA
COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO VIGNA DEL VOLTA 2006-LA STOPPA
COLLI PIACENTINI MALVASIA SCRIPTORIUM 2006-LA CELATA
DANZA DEL SOLE 2004 IGT-GAETANO SOLENGHI
DOLCE MONTEPASCOLO IGT 2006-CARDINALI
EMOZIONE DI GHIACCIO (2004)-CROCI
IL PASSITO DEL DOTTORE (2007)-FORMAGGINI E PEVERI
IL PASSITO DEL DOTTORE (2006)-FORMAGGINI E PEVERI
MALVAGIA-FERRARI E PERINI
MALVASIA ROSA (2005)-MONTESISSA
MOSCATO DA TAVOLA (2005)-LA RATTA
MOSCATO IGT GOCCE DI FRUTTO 2006-MONTESISSA
PASSITO DI MALVASIA-LE TORRICELLE GONZAGA
PASSITO TRE NOCI-BADENCHINI
PRADA’ IGT 2005-MANARA
PRADA’ IGT 2004-MANARA
SAN MORANDO DA TAVOLA (2006)-TOLLARA
SENSAZIONI D’INVERNO IGT 2006-TERZONI CLAUDIO, GINO, GIANCARLO
SENSAZIONI D’INVERNO IGT 2005-TERZONI CLAUDIO, GINO, GIANCARLO
SOL’IDEA 2003-OPPIZZI
SOLIS PASSITO (2004)-PERGOLA









COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO VIGNA DEL VOLTA 2006
LA STOPPA

Viene prodotto da un assemblaggio di malvasia di Candia aromatica e, in minima parte, moscato bianco. I terreni sono ricchi di argille rosse ferrettizzate come in buona parte di quest’area dei colli piacentini. Uve appassite al sole su teli di plastica bianchi per una quindicina di giorni con successiva fermentazione in barriques usate. Il 2006 è stato imbottigliato a metà gennaio 2008. E’ l’annata che, grazie anche all’entrata in produzione di vigne giovani, segna il passaggio da 10.000 a 15.000 bottiglie.
Colore molto caldo e intenso con intrecci tra caratteri dorato-ramato-ambrati quasi vinsanteggianti. Il naso non esplode ancora ma riesce comunque a sprigionare canditi, dattero e scie floreali. La bocca s’allarga con passo robusto e buona spinta propulsiva, in un equilibrio dinamico tra residuo zuccherino-alcol-acidità-tannini oggi ancora un po’ spostato su tannini in parte da riassorbire, ma con tratti ampi, energia dell’articolazione e lunghezza importanti. 89

COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO 2006
IL NEGRESE

Malvasia in purezza proveniente dalle vigne aziendali poste nei pressi di Montepo in comune di Ziano. Appassimento al sole su teli di plastica bianchi e fermentazione parte in acciaio parte in legni usati. 4.400 bottiglie.
Ramato-arancione alla vista, offre un naso “dolce” e seducente di frutto della passione, agrumi, pesca sciroppata, albicocca, fichi secchi e porcini. In bocca trova equilibrio e polpa di esemplare piacevolezza, con sviluppo ben bilanciato che gli dona eccellente beva. Compatto e regolare, trova larghezza avvolgente e non stucchevole, anche se potrebbe avere più lunghezza, ma nulla toglie al fatto che si conferma ai massimi livelli. 87

DANZA DEL SOLE 2004 IGT
GAETANO SOLENGHI

Appassimento per un paio di settimane al sole delle uve provenienti dalle vigne aziendali di Battibò di Corano (Borgonovo). Il mosto ha fermentato parte in legno (un tonneau da 350 litri), parte in acciaio con affinamento pre-bottiglia di oltre due anni e mezzo. Nota a margine sul nome, bel richiamo insieme al tipo di appassimento e alla pratica rituale degli indiani d’America (chi ha visto Un Uomo Chiamato Cavallo?). 900 bottiglie.
Ramato-arancione intenso, il naso è giocato su note di bella e polposa maturità evolutiva (pesca, albicocca, fichi, dattero e prugna secca) con tratti di austerità speziata a rendere l'insieme più complesso. La bocca è densa e larga, ma trova dinamismo e lunghezza in uno sviluppo voluminoso e compatto. 87

BUCA DELLE CANNE (2005)
LA STOPPA

Da uve semillon coltivate in un piccolissimo appezzamento che s’incontra salendo lungo la strada che porta in azienda. Un’anomalia nei Colli Piacentini prodotta ormai dal 1989. Circa 400 bottiglie.
Più Trockenbeerenauslese che Sauternes questo 2005 con botrytis leggera e palato largo, grasso e polposo che chiude pulito e lungo con richiami di dattero e zafferano. Un raro nettare che fa storia a sé. 85

COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO ORA FELICE 2006
LA TOSA

Uva proveniente da 3 diverse vigne in comune di Vigolzone, principalmente da una parcella adiacente al vigneto Morello e dalla vigna Sorriso, in parti minori dalla vigna Ronco (la parte che dà più struttura), poi appassimento in cassette (in locali deumidificati e ventilati) per una ventina di giorni. Al secondo anno di produzione.
Bello il colore verdolino che anticipa ciò che si ritrova nel bicchiere. Naso che rimanda a toni di pera, agrumi e pesca con scie leggermente smaltate. La bocca, animata da lievi residui di carbonica, incede precisa e diritta, snella e ben bilanciata fino ad arrivare ad uno dei finali più belli e puliti della degustazione, con vena nordica e scattante che slancia e rinfresca la bevuta. Vino che cerca la bevibilità senza essere banale e che volutamente rinuncia all’esplosione solare e mediterranea ispirandosi a brume più settentrionali. 84

COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO L’ARTE CONTADINA 2006
ENRICO LOSCHI

Da vigne poste in località Cà Poveri di Castell’Arquato su suoli bianchi dell’epoca del Piacenziano ricchi di fossili. Appassimento parte su graticci, parte in cella frigorifera. Fermentazione in barriques nuove.
Al naso frutta tropicale, frutto della passione appena accennato, e note speziate. In bocca è grasso e s’allarga per chiudere con buon allungo. Bocca importante che unisce polpa e potenza, anche se ancora la materia non trova la distensione che potrebbe trovare nel tempo. Comunque, molto più carattere rispetto alla versione del 2005. 84

COLLI PIACENTINI MALVASIA LE RANE 2004
LURETTA

Le Rane proviene da una vigna posta in Loc. Costa piantata nel 1995 su argille rosse. La parte in pianura dà grappoli che vengono raccolti prima perché più soggetti a marciumi e portati in locali per l’appassimento, mentre la parte più in alto, in pendenza, viene fatta surmaturare più a lungo. Prima annata dove nessuna partita è stata vinificata in legno. Come dice già il colore paglierino/dorato brillante non troppo carico, con questa annata c’è un ritorno ad un’interpretazione più nordica di questo vino, quella delle annate pre-2002 anche se senza quella complessità. Naso delicato, elegante di canditi, pera e cedro, fine la bocca di bella bevibilità dove emerge la confettura di albicocca. Attacca con buona polpa, poi quando vorresti una propulsione più decisa, tende a smorzarsi. Fin lì però ha grande bevibilità. 84

SENSAZIONI D’INVERNO IGT 2005
TERZONI CLAUDIO, GINO, GIANCARLO

Da una vigna esposta a sud ovest a Bacedasco Alto chiamata Vigna del Sasso Matto, con suoli chiari ricchi di fossili. Uva raccolta già molto matura appassita parte all’ombra e parte (25%) al sole. Fermentazione in barriques usate.
Paglierino carico, naso floreale con marmellata di albicocche, bocca grassa e dolce ma senza eccessi, quindi elegante, lineare e pulito, di adeguata freschezza. Ha polpa e scorrevolezza, bella bevibilità e più equilibrio della versione 2006. 84

SENSAZIONI D’INVERNO IGT 06
TERZONI CLAUDIO, GINO, GIANCARLO

Prelievo di botte.
Ramato-arancione solare, come solare è il naso, archetipico nei rimandi alla pesca e all’albicocca mature, oltre che al miele. Glicerinoso, molto dolce, quasi untuoso, esprime marmellata di albicocca anche al palato. Di maggior peso ed impatto rispetto al 2005, ma meno scorrevole di quello per un residuo zuccherino più evidente. 83

COLLI PIACENTINI MALVASIA GOCCE DI MEMORIA 2004
PODERE CASALE

Appassimento parte su graticci, parte in cella frigorifera. Fermentazione in barriques nuove.
Tracce di botrytis al naso, struttura relativamente sottile, gradevole e di bella bevibilità, equilibrata ma non priva di consistenza. Riesce a distendersi con buona scioltezza in un finale pulito che invita al riassaggio. 82

COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO NARCISO E BOCCADORO 2006
MALANOTTE

Uve a Donceto in comune di Travo per uno dei primi vini della nuova linea aziendale di Pietro Gazzola. Appassimento parte su graticci, parte in cella frigorifera. Fermentazione in barriques nuove.
Al naso s’avverte una lieve pungenza volatile ma poi escono il miele e sensazioni di macedonia. La bocca s’allarga per poi svilupparsi con bella spinta dinamica e buon contrasto. Peccato per l’mprecisione olfattiva perchè l’impianto gustativo rivela materia prima e ambizioni importanti. 82


COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO IPERGEA 2006
PODERE PAVOLINI

Da una vigna di Bacedasco Alto, località Paolini. Appassimento parte su graticci, parte in cella frigorifera sfruttando la tecnica della crioestrazione. Fermentazione in barriques nuove.
Dapprima toni leggermente smaltati, poi frutta bianca (mela, pera), macedonia, pesca e miele. Dolcezza decisa al palato, dove manca un po’ d’articolazione e rilievi. S’allarga più che distendersi, ma c’è. 81

COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO PIRIOLO 2006
LUSENTI

Principalmente ottenuto da vigne di Case Piccioni a Vicobarone. Appassimento al sole per circa 2 mesi, fermentazione in tonneaux usati. Prima annata prodotta.
Ramato-arancione alla vista. Al naso è varietale ed emergono subito note di marmellata di albicocca, in bocca è grasso e abbastanza dinamico, anche se un po’ più di polpa e di contrasto gli avrebbero dato una marcia in più. 81

EMOZIONE DI GHIACCIO (2004)
CROCI

Dalla collina di Monterosso (Castell’Arquato) malvasia 70% e moscato 30% lasciate appassire in pianta fino a gennaio inoltrato (una parte delle uve viene vendemmiata tra novembre e dicembre) e raccolte a bassa temperatura con parte degli acini ghiacciati.
Il Vino di Ghiaccio piacentino si presenta con un colore intenso invitante, naso polposo di agrumi e lieve screziatura che richiama vagamente la liquirizia, bocca di peso molto dolce dove emerge una nota lievemente balsamica, ma più freschezza gustativa è quello che gli si chiede. 80

ANNO QUATTRO (2004)
PERINELLI

Da malvasia, semillon e viogner in parti uguali, coltivati su terreni sabbiosi leggermente calcarei in vigne ad elevata densità d’impianto (8.500 piante/ettaro). Sovramaturazione in pianta e successivo appassimento in solaio, con fermentazione (e successiva maturazione di 12 mesi) in barriques nuove.
Si presenta con lievi note un pò verdi e un po’ nocciolose con fondo quasi di chewing gum. Abbastanza equlibrato e fresco, seppur non privo di polpa e forza alcolica, ricerca complessità, sottigliezza e beva raggiungendo abbastanza bene lo scopo. 80

IL PASSITO DEL DOTTORE (2007)
FORMAGGINI E PEVERI

Prelievo di botte. Da una vigna posta a Casa Pallaroni, in direzione Campana di Ferro e Mula, comune di Ziano. Da vecchie vigne inerbite e non sfogliate. Rispetto al 2006 l’appassimento è stato in serra (non forzato, senza ventilatori) per 20 giorni, macerazione sulle bucce a freddo per 3 giorni e fermentazione in acciaio.
Paglierino carico. Il naso un po’ marmellatoso rimanda qualche cenno di zabaione, lychee, agrumi, frutta bianca, poi dopo un paio di giorni libera anche toni di caramella mu. Palato muscoloso e denso, non un mostro di dinamismo, però più articolato rispetto al 2006. 80...anche se successivi assaggi del vino in bottiglia non hanno confermato (anzi...) le prime impressioni.

MALVAGIA
FERRARI E PERINI

Sovramaturazione in pianta e successivo appassimento in solaio, con fermentazione (e successiva maturazione di 12 mesi) in barriques nuove.
Appena versato mostra qualche inquietudine olfattiva, poi con l’ossigenazione le sensazioni quasi di chewing gum lasciano spazio anche a note di frutta bianca e gialla. La bocca ha buona stoffa, adeguata polpa e grassezza senza eccessi, con qualche scia amarognola. 79

COLLI PIACENTINI MALVASIA GOCCE DI MEMORIA 2006
PODERE CASALE

Appassimento parte su graticci, parte in cella frigorifera. Fermentazione in barriques nuove.
Invitante colore dorato. Naso quasi smaltato con rimandi alla botrytis e un polposo respiro di frutta bianca. Bocca larga e dinamica, solo un po’ semplice e che si smorza magari troppo presto, ma fin lì dà soddisfazione. 79

COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO LUNA DI CANDIA 2005
CANTINA SOCIALE VALTIDONE

Appassimento in ambiente controllato. 25.000 bottiglie circa.
Bel dorato carico con note di pesca e albicocca, polpa e morbidezza senza eccessi di concentrazione, ma con adeguata grassezza e articolazione, sfuma su sensazioni di frutta bianca (pesca e ancor più mela), gli manca un po’ di polpa e distensione, è sì un po’ semplice ma piacevole e scorrevole. 79

IL PASSITO DEL DOTTORE (2006)
FORMAGGINI E PEVERI

Appassimento al sole sul tetto della cantina per una quarantina di giorni.
Sensazioni mature di pera e mela, poi datteri e prugne disidratate. Dolce senza particolare complessità, semplice e grasso. 78

COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO IPERGEA 2005
PODERE PAVOLINI

Appassimento parte su graticci, parte in cella frigorifera. Fermentazione in barriques nuove.
Fichi e pera all’olfatto con alcuni rimandi speziati. Polpa e dinamismo con finale leggermente tannico senza trovare una quadratura precisa. 78


SOLIS PASSITO (2004)
PERGOLA

Dalla vigna Campo Grassi in località Lago di Albareto (Ziano), tra Vicomarino e Albareto, su terreni chiari calcarei sassosi. Vigne di 50 anni di verdea. Appassimento all’ombra. Fermentazione in barriques usate.
Naso deciso e caratteristico, curioso, con tratti di cera da mobili e sottofondo balsamico. La bocca ha grinta e nervosismo, ma pure volume e grassezza. Di bel temperamento. 78

MALVASIA ROSA (2005)
MONTESISSA

Da una vigna sperimentale in loc. Buffalora di Carpaneto. La vigna, ormai terminati i 5 anni di sperimentazione, è destinata all’espianto, ma l’azienda continuerà a produrre questo vino utilizzando un altro vigneto. Raccolta tardiva ed appassimento al sole in cassette. Vinificazione in acciaio a bassa temperatura limitando al minimo il contatto con le bucce. 700 bottiglie prodotte.
Al colore ricorda il rosolio, profumo di bacche rosse mature e floreali (rosa), curioso e abbastanza dinamico per la presenza di tannini che bilanciano la dolcezza. Piacevole. 78

COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO SOLESTE 2005
CASTELLI DEL DUCA

Da uve appassite in ambiente controllato.
Naso fruttato, ma leggermente austero, poco esplosivo, finale di mela con lieve esuberanza alcolica, chiude un po’ corto ma complessivamente ben fatto. 77

COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO L’ARTE CONTADINA 2005
ENRICO LOSCHI

Appassimento parte su graticci, parte in cella frigorifera sfruttando la tecnica della crioestrazione. Fermentazione in barriques nuove.
Paglierino chiaro alla vista, pera williams e frutti gialli maturi al naso, mentre la bocca ha discreta polpa, è gradevole e un po’ troppo semplice. 77

PRADA’ IGT 2004
MANARA

Prelievo di botte. Dalla vigna Pradà posta di fianco alla cantina (Vicomarino di Ziano), uva raccolta tardi poi appassita all’ombra, fermentazione che inizia in acciaio per completarsi in barriques parte nuove e parte usate. Circa 2000 bottiglie prodotte.
Sentori di nobile ossidazione e note resinose, polpa, peso, grassezza, abbastanza lungo ma appesantito dal legno. 77

COLLI PIACENTINI MALVASIA SCRIPTORIUM 2006
LA CELATA

Un giorno Ginetto Molinelli mi chiama e fa: ma lo sai che il produttore dello Scriptorium è un genio?
Gli dico: ma non è un tuo vino?
E lui: Appunto!
Non so se il vino in questione sia geniale, senz’altro il rapporto qualità/prezzo rischia di esserlo (5 euro in cantina). Da malvasia della Vigna Canne, ai piedi della collina di Montepo, nel versante esposto a sud con terre bianche calcaree.
Anomalo perché trattasi di vendemmia tardiva che non cerca la grassezza e la concentrazione estrema. Tenue paglierino alla vista, naso nitido e gradevole con susina, pesca bianca, pera più qualche sfumatura tropicale e di botrytis. Bocca fresca e pulita, leggera (70 gr/l di residuo zuccherino), da bere senza troppo pensare, scorre sottile senza scossoni. Un vino che vuole essere semplicemente bevuto. 77

COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO RONCO DELLA SANTA 2005
MONTESISSA

Da una vigna a Magnano di Carpaneto (suoli chiari e magri), dopo appassimento al sole in cassette per 20 giorni di grappoli raccolti tardivamente. Fermentazione in acciaio a bassa temperatura (6°-8°). Prima annata in commercio (l’azienda produceva già un passito, ma con malvasia e trebbiano appassiti all’ombra). 1.000 bottiglie.
Naso inizialmente inquieto che impiega un po’ ad aprirsi, quando lo fa libera ricordi di frutta gialla albicoccosa e di pesca sciroppata con note tropicali. In bocca è sì grasso, ma soprattutto dinamico e nervoso, forse troppo. Provata una seconda bottiglia, stessa iniziale difficoltà ad aprirsi, poi dà buone sensazioni. 76

PRADA' IGT 2005
MANARA

Color mogano, naso di cera da mobili un po’ aggressivo, molto resinoso con sensazioni di aghi di pino (avete presente la pastiglia Valda?). Bocca di peso, bella materia, però in questo stadio un po’ precoce di vita nel finale resta la dolcezza, con acidità un po’ slegata dagli zuccheri. Da risentire. 76

DOLCE MONTEPASCOLO IGT 2006
CARDINALI

Vendemmia tardiva di moscato coltivato a Montepascolo di Castell’Arqauto, con successivo appassimento. 450 bottiglie.
Al naso emergono sensazioni agrumate e di frutta gialla con note di chewing gum. Bocca ricca di materia, grassa e potente, ma che manca in definizione ed equilibrio, comunque consistente. 76

MOSCATO IGT GOCCE DI FRUTTO 2006
MONTESISSA

Vendemmia tardiva proveniente da vigneti di moscato piantati a Buffalora (Carpaneto), di fianco all’azienda. Fermentazione in acciaio a bassa temperatura. 1.500 bottiglie da 0,75 litri.
Paglierino tenue per questo vino volutamente più immediato e “facile” rispetto alla maggior parte degli altri vini in degustazione (la scelta della bottiglia da 0,75 parla chiaro). Cerca e trova nitidi aromi primari (mela cotogna e pesche), al palato è semplice e scorrevole con leggerissima carbonica, ma non senza consistenza. Pulito nel finale floreale. 75

MOSCATO DA TAVOLA (2005)
LA RATTA

Moscato vendemmiato tardivamente con completamento dell’appassimento al chiuso per circa un mese. Uve da una vigna in località Becchi, ai piedi della collina che sale verso Vigoleno da Bacedasco Basso. L’azienda non ha più prodotto questo vino ma, appena l’annata lo consentirà, inizierà a produrre un Passito di malvasia.
Naso mieloso e di lavanda con lieve scia alcolica che pervade e frena il gusto rendendo l’insieme un po’ amarognolo. Non un campione di equilibrio, ma la materia c’è. 75

COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO ARQUATUM 2004
VITICOLTORI ARQUATESI

Da sovramaturazione di malvasia e sauvignon (15%) dopo fermentazione in barriques (con sosta complessiva di 14 mesi nei legni piccoli).
Paglierino carico con canditi, frutta bianca e miele. Di facile approccio, comunque gradevole e corretto anche se un po’ corto. Chiude con retrogusto lievemente balsamico. 74

SAN MORANDO (2006)
TOLLARA

Azienda emergente che lavora molto sull’appassimento delle uve (anche rosse, vedi croatina). Vigne e cantina in Loc. Gasperini di Cortina d’Alseno. Malvasia raccolta tardivamente con successivo appassimento all’ombra in condizioni controllate per oltre due mesi. Affinamento in barriques per 18 mesi.
Ramato-arancione il colore, con profumi ancora un pò chiusi in cui emergono gli agrumi canditi. La bocca rivela alcol deciso e tannini scontrosi (da legno?) che portano a sensazioni asciuganti che frenano la distensione della materia. 73

COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO 2006
CANTINA SOCIALE VICOBARONE

Da uve provenienti da Nibbiano, Ziano e Castel San Giovanni, fermentazione in barriques nuove.
Paglierino alla vista, il naso rimanda alla mela cotogna con sensazioni di legno nuovo. Bocca abbastanza gradevole con residuo zuccherino non accentuato, ma con un ritorno del legno ancora da riassoribire che, insieme all’alcol, disturba un po’ nel finale tostato e che stringe e frena il vino. 73

COLLI PIACENTINI MALVASIA PASSITO 2006
CIVARDI

Da vigneti ad alta densità d’impianto a Montecucco di Ziano, appassimento all’ombra e successiva macerazione pre-fermentativa sulle bucce di 3-4 giorni.
Il naso cerca l’eleganza, ma è un po’ troppo insistito su note di chewing gum, la bocca parte discretamente poi si stringe e diventa amarognola con ritorno d’alcol. 72

INDOVINELLO: quale, tra le bottiglie degustate, era tappata con questo esemplare di tappo a vite? Chi indovina vince una bottiglia del vino in questione (io non posso partecipare al gioco)

15 MARZO 2008, IL GIORNO PRIMA DEL PRIMO GIORNO DI DEGUSTAZIONE: stanco delle fatiche quotidiane e un pò terrorizzato da ciò che mi aspetta il giorno seguente, fuggo in Trebbia a fare un pò di meditazione



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RANE!



Nelle situazioni consolidate prima o poi irrompe qualcosa che cerca di sfidare i dogmi e gli stereotipi, che vive nella tensione continua, nel piacere del rischio di chi non sa come andrà a finire e lancia continue domande più che risposte. Qualcosa per cui è filosofia di vita confrontarsi incessantemente col mondo, con la vitale inquietudine che anima chi si pone come primario obiettivo quello di esprimere il meglio delle potenzialità di un territorio.
Uno di quei rari “qualcosa” è arrivato nei Colli Piacentini nel 1993 e si chiama Luretta (nei primi anni ospitata all’interno della cantina di Graziano Terzoni in quel di Bacedasco Alto, in attesa che i lavori nel Castello di Momeliano fossero terminati), azienda gestita da Lucio e Felice Salamini e da Carla Asti. Fin dall’inizio concentrata sulla produzione di vini fermi e di bollicine Metodo Classico, l’azienda oggi gestisce 57 ettari in 4 accorpamenti:
Costa di Gazzola (il punto di partenza al quale si sono aggiunti nel tempo le altre vigne), dove si coltivano malvasia, barbera, croatina e cabernet sauvignon;
Momeliano, attorno alla cantina (stesse varietà di Costa);
Castano di Agazzano, con chardonnay e sauvignon
Bagnolo di Ponte dell’Olio, ancora cabernet sauvignon e pinot nero
I vigneti (certificati biologici) sono gestiti con severità e grandi attenzioni, cercando di sperimentare nuove soluzioni adatte ad ottenere la miglior materia prima possibile per ogni terreno ed ogni vitigno. In cantina la voglia di provare, l’umiltà di mettersi e rimettersi in discussione, di pensare e ripensare stando in continuo movimento, tentando di produrre vini che possano dare soddisfazione nell’immediato, ma anche a distanza di anni.

La prima annata di Rane è il 2000, anche se nel 1999 venne prodotta solo in magnum una particolare selezione di Boccadirosa (la Malvasia secca dell’azienda) chiamata Boccadirosa Le Rane, un vino polposo e grasso, fermentato in barriques nuove (e che in bottiglia ha 15 gr/l di zuccheri), che per alcuni aspetti guardava all’Alsazia. Questo vino costituisce un episodio a sé, ottenuto forse grazie anche al caso, all’imprevisto e ha indicato una possibile strada non più seguita alla lettera nelle direzioni future dell’azienda. Dal 2000 esce la Malvasia Le Rane, quella dolce che conosciamo anche oggi e che, se è vero che s’ispira a latitudini d’oltralpe, alla fine ritrova nel bicchiere i timbri di una Malvasia dei Colli Piacentini: la polpa mai stucchevole, gli agrumi e la frutta gialla declinati però in un’interpretazione più nordica.
Il vino porta la denominazione Colli Piacentini Malvasia (non Passito, dunque) e questa scelta, come quella di uscire sul mercato con bottiglie da 0,75 l. e non di minor capacità, comunica l’idea di volere ottenere sì un vino dolce da uve stramature con 130-140 gr/l di zuccheri, ma che abbia comunque sempre equilibrio, freschezza e soprattutto grande bevibilità.
Fino al 2003 incluso il vino è stato totalmente o parzialmente fermentato in legno (barriques nuove), dal 2004 la ricerca di una maggiore facilità di beva ha portato alla scelta di vinificare solo in acciaio le diverse partite che vengono poi assemblate e destinate alla bottiglia.
Le Rane proviene da un unico vigneto posto in Loc. Costa, piantato nel 1995 su argille rosse a 5.000 piante/ha (densità comune a tutte le vigne aziendali). La parte in pianura, confinante con un laghetto che, quando non è in secca, “ribolle” di rane, dà uve che vengono raccolte prima perché più soggette a marciumi e portate in locali per l’appassimento, mentre la parte più in alto, in pendenza, viene fatta surmaturare più a lungo.



Tre vedute della vigna delle rane

Dialogo in vigna


Lavori sottofila


I vigneti attorno al castello e alla cantina

I terreni più chiari adiacenti la cantina; qui si raccoglie la malvasia destinata alla Boccadirosa

Prodotto mediamente tra le 3.000 e le 6.000 bottiglie annue, con gradazioni del 13%-14% di alcol svolto, Le Rane è fuori oggi con l’annata 2004. In anteprima ho avuto il piacere di degustare anche il 2005.
La degustazione si è svolta in azienda il 21 marzo 2008.

1999
Fermentato in rovere nuovo. Colore dorato intenso e caldo, decisamente più secco (come dicevo, circa 15 gr/l di zuccheri) rispetto al vero e proprio Le Rane. Un ipotetico punto di passaggio tra le varie fasi di interpretazione della malvasia da parte di Luretta, un deragliamento dal percorso fino ad allora seguito per la Boccadirosa, di cui questa versione rappresenta una specie di versione Riserva (più che un prototipo di Rane). Polpa decisa che esce già al naso, ricco di toni evoluti balsamico-speziati ed agrumi quasi canditi, con una bocca potente e di spessore dai tratti maturi. 85

2000
La prima vera versione di Rane, vendemmia tardiva interamente fermentata in rovere con bellissimo colore paglierino rinfrescato da lievi riflessi verdi. Anche qui dolcezza più contenuta rispetto a quello che sarà nelle annate successive. Integrità olfattiva che si apre su nitide e intriganti note floreali di lavanda e rosa, completate da eleganti sfumature di cioccolato al latte, miele e agrumi canditi. La bocca strutturata ha un incedere deciso finchè l’alcol ad un certo punto tende a frenarne in parte lo sviluppo e il finale. 88

2001
Interamente fermentata in barriques. Colore anche in questo caso molto “fresco”, un paglierino-verde piuttosto integro. Naso cangiante di menta, spezie, frutta candita, con scie di pietra focaia e balsamico nei toni di erbe aromatiche. Vino complesso (un po’ di Botrytis?), dolcezza più in evidenza rispetto al 2000, ma sempre con adeguato nervo acido che dona bell’equilibrio alla polpa. Bicchiere affascinante, in grado di indicare le massime potenzialità di un’uva e di un territorio seguendo una strada che cerca la complessità più che la calda esplosione mediterranea. 89

2002
Uno stacco già nel colore dorato molto intenso. Parzialmente fermentata in barriques, mostra un profilo di calda evoluzione, con discreta freschezza che ancora innerva il bicchere. In una polpa matura, ma ancora seducente, si fanno largo toni di pesca e frutti tropicali, con sfumature floreali, cenni resinosi e finale minerale/balsamico. 84

2003
Dorato molto carico con accenni ramati. L’uva ha avuto un appassimento piuttosto deciso già in vigna ed anche per questo si notano più muscoli e peso rispetto alle annate precedenti. Grasso e opulento senza essere stucchevole, potente e di buona lunghezza, ricorda negli aromi da un lato il dattero e l’uva sultanina, dall’altro rimanda a sensazioni tonificanti di aghi di pino per lasciare sfogo a cenni di albicocca e chiudere con la consueta nota di pietra focaia nel finale leggermente noccioloso. La versione più calda e solare mai prodotta di Rane. 86

2004
Prima vendemmia dove nessuna partita è stata vinificata in legno. Come dice già il colore paglierino/dorato brillante non troppo carico, con questa annata c’è un ritorno ad un’interpretazione più nordica del vino, quella delle annate pre-2002 anche se senza quella complessità. Naso delicato, elegante di canditi, pera, frutta bianca e cedro, fine la bocca di bella bevibilità dove emerge la confettura di albicocca. Attacca con buona polpa, poi quando vorresti una propulsione più decisa, tende a smorzarsi. Fin lì però ha grande bevibilità. 84

2005
Non ancora in commercio. Impianto generale simile al 2004, che non cerca dunque il peso e la muscolarità, ma una facilità di beva che non diventi banale. C’è una bella freschezza che “allunga” il vino rendendo il bicchiere snello e scattante, anche grazie alle sensazioni olfattive balsamiche, leggermente minerali, con fresche e piacevoli sfumature di lavanda, pera e frutta bianca. Per ora, 85

I Salamini

I vini degustati

Le bottiglie

Le rane



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lunedì 10 marzo 2008

ALLA LUCE DEL SOLE


Riprende il ciclo di degustazioni dei vini dolci da uve appassite piacentini con due Malvasia di cui ho avuto il piacere di assaggiare tutte le annate: dodici per il Vigna del Volta della Stoppa (1995 – 2006), sei per il Passito del Negrese (2001 – 2006). Entrambi i vini provengono da uve appassite al sole. Come in Calabria, in Sicilia, nel grembo del Mediterraneo. Solo che qui ci troviamo in due lembi dell’Emilia occidentale: la Val Trebbiola della Stoppa e la Val Tidone del Negrese.
Su tutti i testi dell’ortodossia enologica c’è scritto che al nord le uve vengono fatte (vanno fatte) appassire nei solai, all’ombra, lontani dal sole. Mentre al sud l’appassimento avviene (deve avvenire) su teli o sostegni esposti alla luce solare diretta. Perché allora questa apparente anomalia?
I due produttori, Elena Pantaleoni e Matteo Braga, con estrema naturalezza affermano che il Malvasia Passito per loro è il vino più facile da fare. Possono sembrare quasi provocatori o presuntuosi quando dicono ciò. Niente di tutto questo, anzi la frase dei due produttori merita attenzione e va sviscerata, perché tradotta significa che la malvasia di Candia aromatica è un’uva talmente ricca, e ancora in parte sconosciuta e sottovalutata, che trova probabilmente nei vini da appassimento la versione in cui le potenzialità del vitigno raggiungono il massimo dell’espressività, in cui comunque i caratteri di calore, polpa e mediterraneità trovano maggior sfogo. E in alcune conche, in alcuni versanti dei colli piacentini fa caldo, molto caldo. Il sole si fa violento e rabbioso. Da qui l’idea di provare a far esprimere alla malvasia il lato solare ed esplosivo, che pochi altri vitigni posseggono, attraverso un appassimento al sole. Da qui l’intuizione che in alcune zone si possa verificare una perfetta fusione di territorio/vitigno/tecnica di appassimento che secondo Elena e Matteo va “solo” assecondata verso il risultato finale.
Se poi l’appassimento al sole per questo vitigno e questo territorio sia LA strada ancora non lo sappiamo, questa è una delle tante domande alle quali si cercherà di dar risposta con le prossime degustazioni. Emerge però, visti i risultati, il dubbio che possa essere una strada ancora troppo poco battuta.



LA STOPPA

La Stoppa coltiva circa 30 ettari vitati, accorpati attorno all’affascinante torre di impianto medievale che accoglie i visitatori in arrivo dalla strada che attraversa la Val Trebbiola, tra la Val Trebbia vera e propria e la Val Nure, in comune di Rivergaro. Oggi l'azienda, dal 1973 di proprietà della famiglia Pantaleoni, è condotta da Elena Pantaleoni con la collaborazione di Giulio Armani.
La Stoppa produce alcune etichette legate ai vitigni autoctoni come bonarda, barbera e malvasia aromatica di Candia, oltre a vini prodotti da vitigni…autoctoni, perchè presenti in azienda dalla fine dell‘800, come il cabernet sauvignon e il merlot.
Elena dice di lavorare le stesse vigne che alla Stoppa esistono da oltre un secolo senza chiedere nulla di più di quello che naturalmente possono dare. Ecco allora l’idea di produrre un Malvasia Passito, scattata dalla constatazione che in questo territorio produrre sauvignon e pinot nero alla lunga può essere una forzatura, non tanto perché si tratta di uve “francesi”, poco legate al territorio o qualcosa del genere, ma perché in particolare nei versanti esposti a sud le suddette uve rischiano di soffrire eccessivamente il caldo. Punto. Ecco quindi l’intuizione di coltivare un vitigno come la malvasia di Candia aromatica che sopporta, forse ama e chiama, il caldo più di altre. Un’uva che geneticamente più di altre porta con sé i geni mediterranei. Il Vigna del Volta nasce da un’interpretazione del territorio fatta dall’Uomo, che prova a proporne una definizione e una traduzione.
Viene prodotto da un assemblaggio di malvasia di Candia aromatica e moscato bianco. Mediamente quest’ultimo rappresenta il 10% sul totale, nelle prime annate era anche di più, ma nelle ultime vendemmie la percentuale è scesa per l’entrata in produzione di nuove vigne di malvasia. I terreni sono ricchi di argille rosse ferrettizzate come in buona parte di quest’area dei colli piacentini.
Dopo le prime prove di appassimento su teli neri di plastica (dove gli acini “bruciavano”), l’azienda è rapidamente passata a teli bianchi stesi in un appezzamento tra le vigne per 10-15 giorni (la parte di moscato però ha tempi più rapidi di appassimento, circa 2 giorni), con successiva torchiatura e fermentazione del mosto in legni piccoli.


La fermentazione avviene generalmente in barriques o tonneaux, di solito usati (compatibilmente con il ciclo di rinnovo dei legni in alcune annate il vino ha fermentato in legni nuovi).
L’alcol svolto varia tra il 13% e 14%, con un residuo zuccherino che è aumentato dai circa 100 gr/l delle prime annate ai circa 135-140 gr/l delle ultime.
Dalle 1.000 bottiglie prodotte nella prima annata si è gradualmente passati alle circa 10.000 degli ultimi anni e alle 15.000 del 2006.
La degustazione si è svolta il 25 febbraio 2008 presso La Stoppa.

Operazioni di stappatura alla Stoppa

1995
Se raffrontata alla maggior parte delle annate che seguiranno questa è un po’ anomala, al naso soprattutto, e in alcune sfumature “nordiche” sembra quasi volerci portare ad altre latitudini ed altri vitigni. Di vivo slancio balsamico, con spiccate e fresche note di salvia e marmellata d’arancio, la prima versione ufficiale di Vigna del Volta attacca ancora oggi con un palato d’ampiezza importante, subito percorso da un corpo acido rinfrescante che ne accentua la bevibilità conducendo verso un finale tonico e di carattere. 89

1996
Bottiglia con cenni più marcati di ossidazione che tendono ad appiattire il naso su profumi tra i meno brillanti della degustazione. La bocca è comunque piacevole e non priva di spinta grazie anche allo slancio balsamico che emerge nel finale. 83

1997
Grande naso cangiante e in continuo movimento, dove accanto a seducenti aromi di pesca gialla e albicocca sciroppata emergono scie balsamiche insieme a sfumature di agrumi e funghi secchi. In bocca attacca pieno e denso sviluppandosi con avvolgenza, percorso da tratti di eleganza e fresco dinamismo. Emerge con forza il timbro di palpitante solarità senza stucchevolezza che è tratto distintivo di questo vino. Di livello assoluto. 92

1998
Naso curioso con note che inizialmente fluttuano tra sensazioni “verdi” di asparago e pisello e si spostano poi su tratti di liquirizia. In bocca è di generosa densità, grasso e succoso, rinvigorito da una buona acidità. Lungo nel finale molto piacevole. 88

1999
Tonalità di un giallo oro ramato un po’ più tenue (l’annata è stata fresca), con naso leggermente chiuso da elementi tostato/vanigliati non particolarmente eleganti. La bocca, pur se abbastanza lunga, non esplode come vorresti, incespicando senza particolari sussulti, né avvolgenza di frutto. 84

2000
Da un’annata calda il ritorno a un Vigna del Volta “classico” e mediterraneo con note di pesca e albicocca in evidenza. Attacca molto concentrato e non manca di vivacità finendo con una punta amarognola. Per arrivare a vertici assoluti gli manca forse un po’ di quel contrasto che ritroviamo in altre annate. 89

2001
Colore un po’ meno concentrato. Da un’annata abbastanza fresca e variegata una versione complessa con naso fresco, tra il floreale e il verde-balsamico della salvia, che con l’ossigenazione si muove leggermente su timbri agrumato-verdi sempre di bella freschezza. In bocca mostra sprint ed è abbastanza nervoso, si sviluppa rotondo con bel ritorno acido nel finale che ne esalta la persistenza. Eccellente bevibilità. 90

2002
Come probabilmente ci si poteva aspettare da un’annata simile, nel vino si ritrova un corredo di polpa e muscoli relativamente limitato. Il naso affascina per i profumi di marmellata d’arancio e frutta gialla sciroppata. Al palato è vivo e dinamico, solo si stringe un po’ a partire dal centro bocca. 87

2003
Una delle migliori versioni di sempre da un’annata calda e grossa. Il naso esplode senza pesantezze su dolci profumi di frutta gialla matura, miele d’acacia e porcini secchi. Il palato si distende polposo, grasso e molto seducente, innervato però da striature acide che bilanciano la materia. Chiude con scioltezza, esibendo la disinvoltura dei grandi vini. Di lampante esplosività vellutata. 92

2004
Il naso molto espressivo dirompe in note polpose di pesca e albicocca chiudendo su sensazioni di scorza d’agrumi. Il palato attacca ampio e consistente, ma trova presto rilievi acidi e lievi contrasti tannici che creano articolazione ed equilibrio, trovando sfogo in una chiusura lunga e di grande vitalità. Esemplare nella sua solare dolcezza e nella ricchezza dinamica. 91

2005
Versione (che ha avuto un passaggio in tino di legno) meno generosa al naso rispetto alle precedenti, come se la dolcezza di frutto fosse inibita e nascosta. La bocca, potente, dolce e alcolica, è percorsa da rilievi e contrasti, con contrappunti tannici un po’ rigidi che tendono a frenarne la beva.84

2006
Imbottigliato a metà gennaio. E’ l’annata che, grazie anche all’entrata in produzione di vigne giovani, segna il passaggio da 10.000 a 15.000 bottiglie.
Se il naso per ovvie ragioni è ancora un pò umbratile (emergono comunque interessanti tracce floreali e di canditi) e scalpita faticando in parte a liberarsi, la bocca rivela dinamismo e buona spinta propulsiva che in previsione, dopo un’annata interlocutoria come la precedente, fa tornare questo vino all’eccellenza. Il calore alcolico e la dolcezza sono ben dosati e bilanciati da tannini che arricchiscono senza irrigidire la materia. Chiede ancora un po’ di pazienza, per ora 89, ma potrebbe crescere

Le 12 bottiglie degustate

Appunti disordinati

Elena Pantaleoni

Giulio Armani...no, non è Vigna del Volta quello che sta per essere versato...c'è stato un assaggio fuori programma

IL NEGRESE

Dal 2001 Matteo Braga è l’anima pulsante della parte vitivinicola dell’azienda di famiglia, Il Negrese, (c’è anche un agriturismo condotto dalla madre Angela e dalla sorella Annalisa) che conta in tutto otto ettari coltivati a barbera, bonarda, malvasia e ortrugo allevati a Guyot in vari appezzamenti sparsi nel territorio di Ziano, a ridosso della collina di Montepo. In un’area dove il frazionamento delle viti raggiunge livelli pazzeschi con decine di proprietari in pochi chilometri quadrati, i terreni marno-argillosi vedono la prevalenza di una terra sciolta e leggera, chiara e poco fertile (mentre in località Negrese, dove Matteo ha la cantina ma non le vigne, la terra è appunta “negra”, con argille scure). Unica eccezione nel piccolo appezzamento di malvasia posto a fianco della storica Azienda La Solitaria, ai piedi del centro abitato di Ziano, dove le vecchie vigne poggiano su argille più scure e fertili.

Da questo punto, girando lo sguardo alle proprie spalle, si scorge la vigna nota come “La Polveriera”, così chiamata per l’uso che se ne faceva durante la seconda guerra mondiale. Il nome si addice alla collina anche per l’uso che se ne fece in seguito quando qui furono installati i cannoni antigrandine che, beffarda ironia della sorte, finirono distrutti…dalla grandine.

Vigna utilizzata per la produzione di Passito

La filosofia di Matteo parte naturalmente da un grande rigore in vigna (alla domanda se non abbia intenzione di ampliare il proprio patrimonio vitato, risponde che prima vuole imparare a conoscere a fondo le vigne già esistenti, poi si vedrà), per arrivare a ridotti interventi in cantina dove sui rossi ha scelto la strada delle lunghe macerazioni e di un uso molto accorto del legno nuovo.

Qui tra qualche anno Matteo raccoglierà grappoli di malvasia



Il Negrese si è fatto conoscere grazie soprattutto al Malvasia Passito (inizialmente realizzato con l’aiuto della cugina Elena Pantaleoni e di Giulio Armani della Stoppa) di cui oggi Matteo è uno dei portabandiera, prodotto da malvasia di Candia aromatica appassita al sole su teli bianchi di plastica per periodi variabili tra due e tre settimane. Utilizzando solo lieviti indigeni la fermentazione viene fatta svolgere in acciaio inox o in legno non nuovo (barriques e tonneaux), o in entrambe le tipologie di contenitori a seconda delle annate.
Dai tempi degli inizi quando Matteo si prendeva del matto in paese per la scelta di usare la malvasia per produrre un Passito, le cose sono cambiate e oggi questo vino è diventato uno dei Passiti di riferimento dei colli piacentini, ormai un classico. Dunque visto che le annate prodotte sono sei, sette col 2007 ancora in affinamento, era ora di provare a testare a 360° questo nettare, per svelarne le sfumature nelle diverse traduzioni delle varie annate e per sondare l’aspetto ancora poco esplorato del suo sviluppo evolutivo nel tempo.

Matteo Braga disserta su Montepo


La degustazione si è svolta il 23 febbraio 2008 presso Il Negrese.

2001
Annata complicata in fase di appassimento per una tromba d’aria che ha compromesso circa metà dell’uva stesa sui teli.
Una delle due annate interamente fermentate in legno.
Dorato intenso (ma è il colore più scarico tra i sei campioni), con naso piacevole anche se un po’ semplice di marmellata d’arance e, dopo ossigenazione, albicocca e lieve liquirizia. In bocca si rivela di dolcezza più contenuta rispetto alle altre annate, con sviluppo lineare senza sussulti, relativamente sottile e di bella bevibilità. 82
1.500 bottiglie.

2002
Appassito al sole per 20 giorni e fermentato in legno.
Nonostante l’annata molto piovosa, la selezione feroce dei grappoli ha permesso di ottenere uve molto concentrate che svilupperanno alla fine il 14% di alcol svolto e soprattutto un grande passito, che come retaggio dell’annata fresca porta in sé un bel nervo acido. Calde tonalità ramato-arancioni preannunciano un naso esplosivo che regala confettura di pesca, albicocca matura, dattero, funghi freschi e scorza d’agrumi. Si rivela il naso più cangiante e complesso tra i sei, dopo un’ora esprime sensazioni di caramella mu e liquirizia con scie quasi balsamiche a chiudere di erbe aromatiche (timo, rosmarino e mirto). L’attacco è molto grasso e largo e trova contrasto e dinamismo grazie alla spinta acida che rinfresca e allunga il finale. 90
2.000 bottiglie.

2003
Il frutto di quest’annata rovente (sui teli si è arrivati anche a 65°-70°) è stato fermentato parte in acciaio inox e parte in legno.
Alla vista si offre di un bel ramato caldo, con naso polposo di frutta gialla molto matura e accenni di volatile. Largo e molto concentrato, trova più peso (diciamo più forza bruta), meno contrasto ed eleganza rispetto al 2002, ma mantiene quegli affascinanti caratteri di seducente mediterraneità che sono tra i tratti distintivi di questo Passito. 84
4.000 bottiglie

2004
Causa grandine nessun grappolo proveniente dai vigneti del Negrese è stato utilizzato in questa vendemmia. Tutta l’uva – malvasia e moscato - è stata acquistata, anche da vigne poste a 450-500 metri. Matteo Braga ha fatto miracoli dimostrando ancora, dopo il 2002 e in parte il 2003, ciò di cui è capace quando si tratta di gestire annate difficili. Quindi anche se lo stesso produttore non lo sente del tutto suo, questo vino è comunque da considerarsi esemplare e di riferimento nella storia dell’azienda (che non vuol dire il migliore). Fermentato in acciaio inox, si offre con invitante e consueta tonalità ramato-arancione. Il naso è segnato da una volatile un po’ esuberante che smorza le abituali e generose note fruttate, lasciando trasparire aromi di liquirizia e mela cotogna. In bocca attacca grasso trovando subito sostegno in una vena acida che lo prende per mano e lo conduce verso uno sviluppo vivo e scattante. Buon finale. Un punto in più per i problemi dell’annata, 83
2.000 bottiglie

2005
Dopo due vendemmie anomale, finalmente un’annata equilibrata che ha portato all’appassimento acini di ottima qualità. Interamente fermentato in acciaio, fa seguire alla calda espressione visiva ramata un naso generoso e varietale che libera toni di confettura di albicocche e pesche sciroppate, sfumando su sensazioni di funghi freschi e rabarbaro. La bocca solare e di grande dolcezza, cremosa e ricca (quasi 25% di alcol complessivo), incede con decisione e ampiezza di volume pur se un po’ meno ritmata del 2002, con cui rivaleggia per valore restando di poco sotto anche per un naso meno complesso. Siamo comunque ai vertici della tipologia Malvasia Passito. 89
1.800 bottiglie

2006
Leggermente meno carico alla vista, al naso è giocato su scie agrumate e di frutta gialla con slancio espressivo meno dirompente dell’annata precedente. In bocca trova uno sviluppo equilibrato e ben bilanciato che gli dona un’eccellente beva. Lineare e molto piacevole, trova un impianto gustativo caldo e ampio, regolare e compatto. E’ notevole la costanza qualitativa ormai raggiunta da Matteo Braga. 88
4.400 bottiglie

(2007)
Assaggiato dalle “vasche” (cioè una vasca d’acciaio inox, una barrique e due tonneaux) promette assai bene, ovvero potrebbe-dovrebbe arrivare ai livelli delle annate migliori, ma è ancora parzialmente in fermentazione (l’alcool complessivo s’aggira sul 26%) e in fase di pre-assemblaggio, per cui…ne riparleremo.

Le botti utilizzate per il Passito (Matteo usa anche una vasca di acciaio inox da 10 Hl.)

Seventies style...giuro di aver scattato questa foto nel 2008


Le 6 annate degustate

Le mie scarpe nuove impolverate dopo il giro nei vigneti del Negrese...mi sono detto: nella prossima cantina mi presento in scarpe da ginnastica...

...detto fatto, solo che non è servito a niente perchè alla Stoppa abbiamo degustato che era già buio quindi niente visita ai vigneti...è complicatissimo scegliere il tipo di scarpe adatte quando si va per cantine...

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