lunedì 20 dicembre 2010

altro che vini naturali.


Oh là, finalmente uno che ha qualcosa di intelligente da dire sui "vini naturali": Leone Conti, che produce vino in quel di Faenza.
Buone feste. E bevete bene!

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mo va là.


Una volta col mio amico romagnolo Piero siamo andati a una degustazione. La degustazione era condotta da un sommelier molto teatrale che a un certo punto, agitando il bicchiere e inspirando rumorosamente, ha detto: ecco, questo vino sa di carta da libro usata. E l'ha detto proprio convinto eh, che sapeva di carta da libro usata. Che io adesso non saprei bene cosa voglia dire “carta da libro usata”, le pagine, forse, non so, la copertina, ma son sicuro che se lì per lì l'avessimo chiesto al sommelier, ci avrebbe risposto che no, insomma, non si riferiva alle pagine, neanche alla copertina, ma proprio alla carta da libro usata, che è un'altra cosa. Beh, niente, fatto sta che Piero dopo aver sentito “carta da libro usata”, è saltato in piedi e ha urlato al sommelier: mò va a caghè, va là! presto sommerso dagli applausi della folla.

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lunedì 13 dicembre 2010

piccoli mostri.

Nella foto, Bombo


Piacenza, zona via Genova, circa un anno e mezzo fa (ma mi è tornato in mente solo ora...). Al WineBar con un’amica. Arriva la cameriera. Ci guarda, saluta. Sorride.
La mia amica dice, indicandomi: Sceglie lui.
La cameriera mi guarda.
Allora dico: Due bicchieri di spumante, quali avete?
…(silenzio)
Ribadisco: Spumanti…bollicine…
La cameriera: Ah, ok. Fermo o frizzante?

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domenica 5 dicembre 2010

georges cogny e george clooney.


Non ho mai conosciuto Georges Cogny, mai assaggiato un suo piatto. Però essendo coinvolto nella produzione del documentario sul cuoco francese-farinese che Francesco Barbieri e Andrea Canepari stanno girando, quasi quasi mi sembra di iniziare a conoscerlo un po'.
Non se ne parla mai con freddezza, di Cogny. Cioè, le persone intervistate fino ad ora, allievi, eredi, gourmet, giornalisti, chi più chi meno, si lascia andare all'emozione, si commuove anche. Mai vista una cosa così per un cuoco. Che evidentemente non era “solo” un cuoco, ma molto di più.
Qualcuno l'ha definito “un meteorite di materiale preziosissimo atterrato in una campagna deserta”, che come titolo sarebbe troppo lungo anche per la Wertmuller, però è una delle frasi che rappresentano meglio alcuni aspetti della vicenda Cogny. Una fra le tante sentite in questi primi giorni di riprese.
Un'altra cosa che dice forse meglio di altre chi era e cosa faceva Cogny, è il dolce al sale. Cioè un dolce (?) estremo, al sale appunto, che Cogny realizzò pare con risultati disastrosi spinto dalla curiosità e dalla continua tensione alla sperimentazione e alla ricerca. La curiosità prima di tutto.
L'amore quasi totalizzante per la Cucina lo ha tenuto dentro le cucine, dietro i fornelli e mai in sala, mai in giro a farsi vedere. E infatti in giro si trovano poche foto, pochissimi filmati, su Internet c'è poco o niente. Anzi, all'inizio dei lavori di ricerca bibliografica veniva da sorridere leggendo che i motori di ricerca, vedendosi fare la richiesta “Geoges Cogny”, non trovando nulla sul personaggio, ti dicessero: forse cercavi George Clooney. E tu a dirgli: no, pirla, sto cercando Cogny, non Clooney. E giù ad aggiungere altre parole chiave, tipo: Georges Cogny cuoco. E lui, il computer, anzi, il motore di ricerca, ancora a dirti: forse cercavi George Clooney cuoco.
Poi un giorno la segretaria di un importante personaggio pubblico che Barbieri/Canepari vorrebbero intervistare, alla richiesta di rilasciare un'intervista su Cogny, dice: ok, sento se P......accetta di farsi intervistare su George Clooney. E tu a dirle: no no, Georges Cogny, Cogny, non Clooney!
Non lo so se dopo l'uscita del film i motori di ricerca faranno ancora confusione tra Cogny e Clooney. So però che Barbieri e Canepari stanno facendo un bellissimo lavoro insieme all'affiatatissima troupe di 8 persone, animati da un atteggiamento molto sensibile e recettivo. Quello giusto.
Vi terrò aggiornati.

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giovedì 18 novembre 2010

speriamo ci sia la neve.


Il titolo è scaramantico, è una specie di esorcismo, insomma, in realtà spero NON ci sia la neve il 27 novembre e il 4 dicembre a Piacenza, perché sotto i portici dell'ex Balzer, di fianco a Piazza Cavalli, all'inizio di Corso Vittorio Emanuele, dalle 10,30 alle 13 e dalle 15,30 alle 18,30, ci sarà il banco d'assaggio delle aziende piacentine segnalate su Slow Wine, la Guida dei Vini di Slow Food. Vi aspettiamo. Anche, e soprattutto, se dovesse nevicare.

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mercoledì 10 novembre 2010

mostri.


Questa cosa è successa in un'enoteca di Piacenza, me l'ha raccontata il titolare dell'enoteca 1, o dell'enoteca 2, non ricordo, in fondo poco importa:

Il titolare dell’enoteca 1, Giangiacomo, chiama il titolare dell’enoteca 2, Tristano, per sapere se ha il Giulio Ferrari Riserva del Fondatore, che l’enoteca 1 ha finito.
Il titolare dell’enoteca 2 dice: Sì, ce l’abbiamo.
Il titolare dell’enoteca 1 dice: Allora mando mio figlio Tancredi a prenderne due bottiglie.
Il titolare dell’enoteca 2 telefona in enoteca all’assistente, una ragazza, si chiama Benita, che sta facendo il turno di mattina. Le dice: Guarda che tra qualche minuto verrà lì il figlio del titolare dell’enoteca 1 a prendere due bottiglie di Giulio Ferrari Riserva del Fondatore ok?
Ok, risponde l’assistente.
Dopo qualche minuto il figlio del titolare dell’enoteca 1 si presenta all’ingresso dell’enoteca 2. Entra. Saluta e dice: Giulio Ferrari.
La ragazza prontamente risponde: Piacere, Benita Coppini.

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martedì 2 novembre 2010

una specie di tournée.


No, beh, in realtà è una tournèe vera e propria, alla quale forse verranno aggiunte altre date. Si tratta delle presentazioni regionali (dopo quella nazionale del 20 ottobre a Torino) di Slow Wine, la Guida dei Vini di Slow Food, la prima è a Ravenna il 6 ottobre, protagonista, ma va?, l'Emilia Romagna.
Le altre presentazioni:
09-11-10 LOMBARDIA Milano
12-11-10 ABRUZZO Francavilla al Mare
13-11-10 TOSCANA Montalcino
13-11-10 MARCHE Senigallia
14-11-10 VENETO Venezia
18-11-10 FRIULI VENEZIA GIULIA Trieste
27-11-10 UMBRIA Orvieto
27-11-10 PIEMONTE/ LIGURIA/ VALLE D'AOSTA Alba
04-12-10 CAMPANIA/BASILICATA Avellino
05-12-10 PUGLIA Bari
18-12-10 SICILIA Catania

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mercoledì 13 ottobre 2010

sì, vabè, ma dio esiste?


Allora, dicevo, mi diverte leggere le Guide, mi è utile come consigli per gli acquisti e poi mi incuriosisce vedere come sono visti e “fotografati” i Colli Piacentini. Quest'anno finalmente all'unanimità la critica ha esaltato i nostri vini dolci da uve appassite. Tre vini che chi legge questo blog conosce bene: il Vin Santo di Barattieri, il Vin Santo di Vigoleno di Lusignani e il Malvasia Passito del Negrese (a dire il vero premiato da una sola Guida, l'Espresso, ma che è arrivato vicino a una segnalazione importante anche su Slowine). Bene. Secondo me è giusto così. Dove Piacenza dà il meglio è nella categoria dei vini dolci da appassimento.
Sul resto della produzione ci sono punti di vista diversi. Ad esempio su vini come Macchiona e Luna Selavatica le Guide si dividono o quasi. La Macchiona è menzionata da Slowine, nemmeno nominata dall'Espresso, premiata (per il secondo anno consecutivo) dal Gambero Rosso. Il Luna Selvatica è stato segnalato come “grande vino” da Slowine e menzionato con punteggi buoni, ma tutto sommato anonimi, dalle altre due Guide.
Allora di chi fidarsi?
Ma poi ha ancora senso parlar di Guide? E ha senso farle? Serve il lavoro che facciamo? Chi siamo? Dove andiamo? Dio esiste? Che cosa vuol dire esistere? Son domande retoriche? Perchè quest'angoscia che imprigiona l'uomo nel vivere il suo esistere come una finta libertà, basata sul nulla? L'esistenzialismo vi fa venire il mal di testa? Allora, come vorreste che fosse fatta una Guida dei vini?

Lo so, le domande son trite e ritrite e se le son già fatte tutti i siti e i blog che parlano di vino, però, insomma, le volevo fare anch'io.
E poi, con la situazione di depressione economica del vino italiano, serve concentrare tutte le proprie attenzioni sui premiati di ogni Guida, perdendo di vista il contesto complesso che stiamo vivendo?
Come un giovane virgulto della vitivinicoltura nord occidentale mi suggerisce, ci rendiamo conto della differenza tra il vino REALE e il vino VIRTUALE (lui, il giovane virgulto, si occupa di quello VIRTUALE, per dire)? La cosa che fa capire la differenza tra reale e virtuale, dice lui, il giovane virgulto, è che, soprattutto sul rosso, parlando di vino, i parametri per il giudizio del prodotto non hanno niente a che fare con certi parametri. Cioè, spiegandosi meglio, dice: se sei nel mondo della vendita dello sfuso, avere 500 Hl di un grande vino, secondo i “nostri” parametri, potrebbe essere un problema. Se si dice "ho tot Hl di vino buono" si intende un vino non troppo alcolico, pulito, fresco e un po', ma non troppo, fruttato. Non si intende assolutamente un vino che somiglia a Vegasicilia, per dire.
E allora noi di cosa stiamo parlando?
Qual è il vino buono? Quello che si vende? A chi? Quello caro?
Il giovane virgulto poi mi/ci chiede:
Sa che le uve rosse hanno una previsione di prezzo di 25 €/quintale?
Quintale! Con un quintale di uva si fanno 100 bottiglie! Sa che i miei colleghi di Franciacorta scendono per la prima volta dopo anni sotto l'euro al Kilo di prezzo uva da spumante e si lamentano perchè dicono che a quei prezzi si lavora in perdita? Se lei ad oggi avesse una vasca di vino rosso non buono e non troppo cattivo, questa avrebbe un valore di mercato di circa 0,30 - 0,40/litro. Peccato che sarebbe invendibile. Le cantine sono piene. Tutto saturo e nessuno ritira. Il suo vino varrebbe zero. E zero è poco.
Poi prosegue: non vorrei che si credesse che IL vino è solo quello, oggi mediamente buono, delle piccole cantine che fanno qualità. Altra cosa: faccia ogni tanto qualche link al sito "i numeri del vino". Ci sono cose molto interessanti.
Ci siamo creati noi un mondo che non esiste? Meglio, che esiste solo nella nostra testa?
Uffa, esco a fare due passi.

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giovedì 30 settembre 2010

due o tre cose che so di loro 2.


Breve aggiornamento della serie “due o tre cose che so di loro”, giusto perché ieri, tempo di vendemmia, ho scoperto che esistono l'uva conica e l'uva sferica. Non nel senso della forma degli acini, no no, a livello di impressioni gustative, una metafora euclidea, chiaro?
Beh, niente, ero insieme a un produttore molto vispo (di solito si dice “vulcanico”), assaggiavamo degli acini di barbera, io gli ho detto che mi sembravano dolci e poco tannici e lui invece mi ha tramortito dicendo che a lui quell'uva lì sembrava conica. “Conica” nel senso che gli ricordava un cono, perché alla fine si stringeva e pizzicava. Almeno credo. Ha aggiunto che di solito l'uva di quel vigneto è sferica, non conica, e la cosa l'aveva colpito. Basta, mi piaceva l'immagine e volevo dirlo.
Intanto stanno per uscire le Guide, ne riparleremo molto presto, mi diverte vedere cosa dicono le Guide, le tre-quattro principali, che idea, che immagine c'è in giro dei Colli Piacentini. Di solito esce un'immagine sfocata, incasinata, o non esce alcuna immagine, ma ho l'impressione che quest'anno la fotografia d'insieme sarà più netta e più vicina alla realtà. A presto dunque.

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venerdì 17 settembre 2010

due o tre cose che so di loro.


Finalmente (l'8 settembre, quasi 9, poco prima di mezzanotte) è andata in stampa Slow Wine 2011, la Guida Vini di Slow Food. Non sto a elencare quanti vini sono stati assaggiati, quante aziende visitate, ecc ecc, i numeri son noiosi, e nemmeno si possono ancora commentare i risultati (lo farò) o la Guida stessa, visto che nessuno l'ha ancora vista nella sua forma definitiva, cioè stampata (per questo bisognerà aspettare inizio-metà del mese prossimo). Però, a proposito di aziende visitate e soprattutto di vigneti visitati...
Girando per vigne s'impara un sacco sui territori, certo, ma anche sui produttori, vignaioli e non. Impari un sacco di cose sul loro rapporto col vigneto, ma soprattutto con la loro automobile.
C'è quello che quando gli chiedi se ti porta in vigna gli brillano gli occhi, si alza di scatto e sparisce in garage per riemergerne con una piccola jeep americana dell'ultima guerra (una Willis), ti si avvicina rombando, contento come una Pasqua (anche tu sotto sotto sei felice come una bambino, perchè su quelle macchine lì non ci sei mai salito) e ti dice: salta su! Poi ti porta in mezzo ai filari senza scendere dalla jeep, sfiorando (e colpendo) pali e viti, coi germogli che ti frustano la faccia, attraversa torrenti e stradine improbabili, coi rovi che ti entrano nelle braccia, ma per imparare bisogna soffrire un po'.
C'è quello che con aria scazzatissima ti porta con la jeep (ultimo modello) fino ai pali di testata, ma che si guarda bene dall'entrare tra i filari, poi dice: ecco qua. E riparte subito.
C'è quello che ti ha appena detto che non si sposta mai dal suo paesino verso il capoluogo (40.000 anime) perché là ci son troppi sensi unici che lo mettono in imbarazzo, poi però lo vedi salire con nonchalance col Pandino 4x4 su per una vigna erta erta, lì veramente a suo agio. Lui, perché tu, che sei con lui, non sei mica tanto a tuo agio e ti aggrappi dappertutto, perché sembra che il Pandino si ribalti all'indietro mentre sale pianissimo, poi finalmente arriva in cima e, per fortuna, si ferma.
C'è quello elegantissimo e compunto che dice: è piovuto da poco, meglio non entrare in vigna. E da lontano ti fa vedere tutto, che ci vorrebbe il binocolo, solo che non ce l'hai.
E quello che, anche se è piovuto da poco, con aria spiritata ti dice: entriamo. Poi schizza su per la riva e tu all'inizio lo perdi, anche perchè il fango ti si attacca sotto le suole che diventano pesantissime e arranchi e madonni e all'improvviso rivedi il tizio scendere come uno stambecco e senti che ti urla: dai che saliamo fin su in cima.
Poi è istruttivo girar per vigne anche perché capisci quanto i produttori conoscano o non conoscano le proprie vigne. C'è quello che ti dice che quella vigna è stata piantata il 1° giugno del 1976 e quello che ti dice che quei filari hanno 13 o 14 anni, ma forse potrebbero averne anche 16 o 18, che adesso non se lo ricorda tanto bene. C'è quello che segna tutte le piante con dei nastri di colore diverso a seconda delle malattie avute e dei trattamenti fatti, che ormai ha finito i colori disponibili e non sa più bene come fare. E c'è quello che appena prima di farti entrare in una vigna da cimare, dice affranto: scusa il disordine. Come fosse casa sua. Che poi, per molti, son proprio così le vigne, una casa, uno specchio di sé stessi.

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martedì 14 settembre 2010

eccomi eccomi, arrivo.


In attesa di news, commenti, eventi...(l'estate è stata lunga...è ancora lunga), un link a un bel post

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giovedì 22 luglio 2010

esami di fine anno.


Sono iniziate le degustazioni finali per la nuova Guida di Slow Food, Slow Wine, in uscita il 20 ottobre. Alla Banca del Vino di Pollenzo si andrà avanti per un paio di settimane, mentre proseguono le ultime visite alle aziende. Dopo l'Alto Adige, è stata la volta di Emilia Romagna, Trentino e Lombardia. Conferme, sorprese. Diverse nuove, sconosciute aziende che lavorano bene, in vigna, ma anche in cantina, sì perchè, ormai è stato detto e ridetto, ma non è ancora chiaro, la Guida evidenzierà persone e aziende che lavorano seguendo una certa filosofia aziendale e di vita, ma che sopratutto producono vini buoni. Punto. E di aziende con queste caratteristiche ce ne sono parecchie, magari mai sentite prima, questo è il bello, ma ci sono, in tutte le zone citate prima (persino a Piacenza).
Due giorni di degustazioni vuol dire anche due giorni di devastazione gastrica...e acustica, per via dei vari risucchi, gorgoglii e gargarismi di 6-7 degustatori assiepati attorno a un tavolo, con contorno di schizzi di vino rosso che ti sfiorano pericolosamente mancando sputacchiere e secchi (ci sono pure loro, per svuotare le sputacchiere). Ieri a un certo punto mi son voltato allarmato verso il mio vicino che stava emettendo suoni preoccupanti (pensavo stesse male), invece lui ha finito di sputare, mi ha guardato come dire: 'mbè? E io, con la bocca piena di vino, prima di sputare rumorosamente a mia volta, ho fatto un gesto come a dire: no no niente scusa. Poi ho sputato mancando il bersaglio e sporcandomi la maglietta.
A proposito, in Giappone hanno scoperto che i risucchi dei sommelier possono avere una funzione molto utile. I neo papà (e le neo mamme) sono avvisate, guardate qui.

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giovedì 24 giugno 2010

ultimo giorno di scuola.prima degli esami.


Con i riassaggi di alcuni Metodo Classico pavesi e dei vini di Parma, abbiamo concluso alla Palta le degustazioni. Ora è tempo di ulteriori riassaggi più o meno in solitaria, di schede da scrivere, di ultime visite in aziende e, dal 20 luglio, di degustazioni finali.
Su Parma, più che altro conferme: bella mano complessiva sui frizzanti (Lambrusco e Malvasia in primis), episodi sporadici su Malvasie ferme e Passite e su qualche rosso fermo, ma da segnalare la presenza, quest'anno, di due-tre aziende interessanti che lavorano in regime di Agricoltura Biologica, con certificazione o meno. Ah, poi, visto che c'eravamo, abbiamo assaggiato il Vin Santo di Barattieri 2000 che, se non sbaglio, è stata l'ultima annata che ha visto coprotagonista lo storico cantiniere di Barattieri, Francesco Rossi. Come? Se è buono? Che domande!

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sabato 19 giugno 2010

diario di scuola 7.


L'ultima giornata di degustazioni in Oltrepo era dedicata ai frizzanti: bianchi, rossi rosati. Prima dei riassaggi, dopo 300 vini assaggiati e visite a vigneti e cantine (che continueranno per tutto l'anno), è già tempo di riflessioni. Sul tema della giornata, parlerei solo di Bonarda vivace/frizzante. Buono il livello medio, del resto è una tipologia dove gli oltrepadani, se vogliono, viaggiano sicuri da tempo, si sa, nessuna sorpresa. Più in generale, prima di tornarci con un approfondimento vero e proprio, saltando quasi a piè pari i bianchi fermi o frizzanti (i Riesling fermi interessanti non mancano, ma sono pochi), vale veramente la pena soffermarsi sui metodo Classico, sia sui consolidati Pinot Nero in bianco, sia sugli ambiziosi, ma ancora comprensibilmente in cerca di identità precisa, Cruasè. Rossi fermi interessanti, quelli a base barbera e croatina in particolare (in purezza, o assemblati nel Buttafuoco). Passiti pochi e niente di che.
Vedremo ora coi riassaggi, ma nella confusione che una zona dalle mille e più tipologie vive quotidianamente, brilla qualche gioiello solista e soprattutto s'intravede qualche spunto collettivo.

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giovedì 17 giugno 2010

diario di scuola 6.


Oggi, subito dopo l'ultima degustazione dei vini piacentini è venuta una grandinata della madonna. Ma una roba apocalittica, eh. C'era la strada che sembrava ricoperta di neve, i fossi riversati in strada, le macchine ammassate sotto gli alberi, ferme ai lati della strada. Un bel clima, non c'è che dire. Ho fatto finta di non pensare ai possibili danni ai vigneti, visto che, tra l'altro, giusto ieri, in un'azienda di Rovescala, si diceva: han previsto grandine, speriamo tenga il tempo.
I vini di oggi. Misti, nuovi assaggi e qualche riassaggio. Qualche bella conferma su bianchi fermi da malvasia, Gutturnio frizzanti (e Barbera frizzanti e Bonarda frizzanti) interessanti, anche rifermentati in bottiglia (c'era di mezzo un outsider pavese degno di nota). Nel complesso mi piace sottolineare alcune belle novità. Non sono d'accordo con chi dice che è sempre peggio. Io quest'anno, a parte due-tre aziende meno convincenti del solito (ma son convinto che, per queste aziende, sia stata un'annata interlocutoria che ci può stare), ho notato alcune realtà in crescita ed altre che non conoscevo che han fatto decisamente bella figura.
Sulle tipologie, come previsto, bei bianchi fermi da malvasia, un buon livello sui Gutturnio frizzanti, i soliti eccellenti vini dolci. Poi, qua e là, qualche rosso fermo (da barbera/croatina, ma non solo) degno di nota o molto buono. Ci torneremo per un ragionamento complessivo più articolato.

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sabato 12 giugno 2010

diario di scuola 5.


Ieri alla Palta seconda giornata di assaggi piacentini (più qualche parmense). Riflessioni veloci e sparse.
Altre Malvasie ferme, altri bei vini, altra conferma sulle potenzialità (già ben espresse, peraltro) di questo vitigno declinato in versione secca non frizzante (con o senza macerazione). Anche a Parma c'è chi ci crede molto, e a ragione. Qualche Gutturnio frizzante molto buono, tre-quattro almeno, la solita fatica sui rossi fermi ambiziosi, poi si torna a salire di tono coi vini passiti. Vigoleno a parte, tutte Malvasia. Belle. Buone. Brave. Non è una novità, qui si va sul sicuro.

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venerdì 11 giugno 2010

un altro diario di scuola.


Ieri a Broni la penultima giornata di degustazione dei vini oltrepadani. Per l'occasione, oltre a me, Andrea e Massimo, era presente anche Alberto. E' stata la giornata dei Pinot Nero...fermi vinificati in rosso. La specifica è necessaria visto che:
1.la prossima volta assaggeremo, tra le varie cose, i Pinot Nero frizzanti vinificati in bianco
e che
2.durante la prima giornata ci siamo dedicati ai Pinot Nero Metodo Classico vinificati in bianco e ai Cruasè (che son sempre a base pinot nero)
e che, così arriviamo a oggi,
3.ci sono pure capitati i Pinot Nero fermi vinificati in bianco.
Ecco, questi ultimi, insieme ai Pinot Grigio, sono passati senza scossoni.
Bene, poi i Pinot Nero...rossi. Una quarantina, prevalentemente 2009, 2008 e 2007. Due-tre 2009 molto piacevoli, alcuni 2007 veramente buoni e un paio di bei 2006. Le interpretazioni qui tendono più facilmente alla potenza e alla maturità, ma nei migliori casi questi elementi si integrano al meglio e dicono “Pinot Nero” senza indugi. A conti fatti, conferme, più che sorprese, e va bene così.
Poi Oltrepo Rosso Riserva e Buttafuoco, e soprattutto in quest'ultima categoria un paio di cose interessanti. L'idea che i vini a base croatina (e uva rara e ughetta) riescano più naturalmente buoni (scusate l'espressione...) quando si presentano senza troppe menate, più semplici e lineari, è forte...poi però c'è sempre qualcuno che spariglia le carte.
A presto

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giovedì 3 giugno 2010

diario di scuola 3.


Oggi primo giorno di degustazioni dei vini piacentini. Io, Massimo e Matteo siamo ospiti della Palta di Isa Mazzocchi e Roberto Gazzola (che assaggia con noi) che ci sopportano e ci assecondano. Grazie mille!
Quest'anno c'è qualche azienda “nuova” (virgolette dovute al fatto che si tratta di aziende che assaggiamo per la prima volta, ma che esistono da alcuni anni) e in questa prima giornata degustiamo tipologie miste: Metodo Classico (in mezzo c'è pure qualche – eccellente - residuo pavese), bianchi fermi principalmente da malvasia, Gutturnio fermi o simili, tagli bordolesi o simili. Insomma, non ci facciamo mancare niente. Tranne i frizzanti e i passiti, che inizieremo ad assaggiare la settimana prossima. E' presto per trarre conclusioni, ma anche no. A parte la conferma della qualità assoluta dei migliori blanc de noirs oltrepadani, un paio di Metodo Classico interessanti dalle nostre colline (per ora basti questo, ma ci torneremo), una breve riflessione sui bianchi fermi da malvasia. Ancora dobbiamo assaggiarne, però è forte l'impressione che proprio qui stia uno dei punti con i maggiori margini di crescita per i Colli Piacentini, con le potenzialità già ben visibili in diversi vini, sia che si seguano le strade della macerazione (più o meno lunga, più o meno estrema), sia che si cerchino profili più delicati.
I soliti tentennamenti sui rossi da barbera e croatina, ma con alcune belle conferme anche relativamente ad aziende in crescita. E interessanti tagli bordolesi. Basta. Però sulle Malvasia ferme, anche assemblate con altri vitigni, aggiungo che è stato un piacere assaggiarle nelle diverse declinazioni (a volte agli antipodi) e se non è un fatto inedito, poco ci manca.

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venerdì 28 maggio 2010

diario di scuola 2.


Seconda giornata di degustazioni a Broni, arriva l'ora delle Barbera, delle Bonarda, degli OP Rossi e simili, insomma arriva l'ora dei denti blu. Per prevenire (o curare) la temuta devastazione cromatica non faccio nulla, se non indossare una maglietta scura (a righe) e sperare che le gocce di vino rosso si confondano sulla tinta scura.

Come l'altra volta siamo: Andrea, io, Massimo. Degli ospiti esterni non c'è traccia. Probabilmente la paura di tingersi lingua e denti con gli antociani bonardosi ha avuto la meglio. I vini. Prima dei rossi, le ultime bollicine, Metodo Charmat principalmente a base pinot nero. Nel complesso la mano è sicura, i vini ben fatti e piacevoli. Poi le Barbera ferme, rispettose di ciò che il vitigno in questi territori può esprimere, con due-tre ottime bottiglie. Pochi i legni invasivi e i vini morbidosi che, quando ci sono, non cadono nella caricatura. Le Bonarde ferme sono interessanti, in particolare quelle giovani (2009 e 2008, pure qualche 2007) che evitano i legni piccoli e le estrazioni massicce, che fanno risaltare più le virtù che i vizi del vitigno, più fresche e spedite, semplici e lineari. Qualche perplessità sulle versioni maggiormente ambiziose ed "estrattive", che faticano a trovare misura e bevibilità, frenate da tannini rigidi e asciuganti. Tornerò sull'argomento con le Bonarde ferme piacentine (settimana prossima si inizia).

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mercoledì 26 maggio 2010

diario di scuola.


Parte da oggi un diario delle degustazioni in corso per Slow Wine 2010 – Uomini, Vigne, Vini, la nuova Guida che Slow Food pubblicherà in ottobre. Si inizia con l'Oltrepo, di cui assaggeremo poco più di 300 vini di oltre cinquanta aziende. Le valutazioni che leggerete sulla Guida non saranno solo frutto delle degustazioni “in batteria”, ma queste, insieme alle visite in azienda, permetteranno di scattare una fotografia incompleta, certo, ma significativa di un territorio che qualcuno (un astronomo, forse) ha definito “il buco nero della vitivinicoltura italiana”, suscitando reazioni del tipo: non è vero che è un buco nero, bensì una voragine. Qualcun altro (un ferroviere?) ha parlato di un treno con locomotive che viaggiano a diverse velocità (!). I vari giri nelle aziende mi stanno facendo capire qualcosa di più sulla zona, ad esempio che le definizioni di cui sopra non sono poi così distanti dalla realtà, ma che più d'un produttore sta cercando vie alternative. E allora è bello pensare che sì, ci vorranno anni? decenni? (qui ci vorrebbe un astrologo...), ma le nuove teste riusciranno a proporre un'idea diversa di Oltrepo. Un'idea che in alcuni progetti (aziendali, consortili) ed in alcuni vini già si vede.
Comunque, la commissione di degustazione dell'Oltrepo è composta principalmente da (in ordine alfabetico): Andrea, io, Massimo. Più alcuni ospiti esterni, assenti il primo giorno. La sede principale degli assaggi è a Broni, presso il Consorzio, dove il personale efficientissimo facilita non poco lo svolgimento degli assaggi.
I vini, dunque. Anzi, prima una premessa. Una cosa che ho imparato in questi anni è che dopo una degustazione di vini rossi si diventa impresentabili. Il colore dei denti muta in una poco seducente tonalità blu-nerastra. Per non parlare della lingua, che assume inquietanti sfumature violacee, e degli schizzi di vino che guizzano imprevedibili e, rimbalzando sulla sputacchiera, atterrano sulla maglietta (vabè, basta mettersi magliette scure). In questi casi bisogna evitare di ridere mostrando i denti. Al massimo si può sorridere, ma non ai carabinieri che magari ti fermano per un controllo mentre torni a casa. Rimedi? Non assaggiare vini rossi, che nella terra della Bonarda e del Pinot Nero è un po' difficile. Allora, per ritardare almeno un pò la devastazione cromatica, il primo giorno abbiamo assaggiato solo Metodo Classico e Riesling, rimandando a due giorni dopo i vini rossi. Così, dopo questa lunghissima tiritera, eccoci a qualche commento sui vini degustati il primo giorno.
I Riesling. Riesling. La parola magica per chi ama la Mosella e l'Alsazia. Qui però, oltre al renano, c'è anche l'italico, che sfrutta nel nome la nobiltà del primo, ma più di un tot difficilmente riesce a dare. Quindi, aldilà di terreni e microclimi adatti al renano (che in Oltrepo ci sono), la questione va vista anche da un punto di vista ampelografico e di una denominazione in cui è permesso assemblare i due vitigni. Sia quel che sia, l'impressione complessiva è di vini corretti, ben fatti, dignitosi, ma con poco che riesca a svettare.
Poi le bollicine, a partire dall'ambizioso e coraggioso progetto del Cruasè, Metodo Classico rosè da pinot nero che si presentano per la prima volta al pubblico con l'annata 2007 e mostrano caratteri molto eterogenei (basti vedere, a titolo esemplificativo, le enormi differenze cromatiche, ma non solo). Aldilà dell'aspetto qualitativo (altalenante), ciò che vien da pensare è a un linguaggio in via di formazione, ancora un po' confuso e privo oggi di un'identità ben riconoscibile. Ma è normale che sia così, è un progetto a lungo termine, è l'inizio, è giusto dargli tempo.



Una mano oggi più intrigante e sicura la si trova nei Metodo Classico “bianchi” da pinot nero (chiamiamoli Blanc de Noirs, ok?), dove la lingua parlata è più solida, anche perché più consolidata rispetto al mondo in evoluzione del Cruasè. Ed è una mano che non indugia su morbidezze e svenevolezze, ma che anzi mostra spesso un piglio grintoso e deciso, tra acidità tese, sussulti salini e scie amarognole, con tre-quattro etichette almeno di eccellente livello. Anche qui pare esserci molto ancora anche in termini potenziali, con ulteriori margini di miglioramento.
A presto per aggiornamenti!

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venerdì 23 aprile 2010

manuali.


E' uscito un libro, un manuale sui vini “naturali” che non intende esaltare a priori qualsiasi manifestazione di “naturalità” del vino. Cerca invece di fornire strumenti e fare chiarezza, di definire il contesto dei vini “naturali” indicando un percorso di degustazione di aziende e vini consigliati e riportando i Manifesti delle varie associazioni presenti sul territorio nazionale. Il volume s'intitola VINI NATURALI D'ITALIA – Manuale del Bere Sano, Edizioni Estemporanee, ed è il primo di una serie di quattro dedicati a tutte le regioni d'Italia (il primo volume si limita a cinque regioni del Centro).
L'autore è Giovanni Bietti, che collabora con l'Espresso per I VINI D'ITALIA, e che nasce come musicista (pianista, per la cronaca) e compositore. Ecco, quest'ultimo è un aspetto che mi ha incuriosito al momento dell'acquisto, facendomi coltivare la speranza di trovarmi di fronte ad un approccio trasversale, ad una serena laicità di sguardo, ad un ricorso minimo a livori, preconcetti e luoghi comuni che, nel campo d'indagine in questione, abbondano in un senso e nell'altro. Terminata la lettura posso dire che la speranza ha trovato conferma in molte pagine del volume, nel complesso di parte, ma critico, come in quelle che portano Bietti a ricordarci, ad esempio, come naturale non sia sempre sinonimo di buono, ma come in molti casi sia sinonimo di più sano, più digeribile e di maggior valore alimentare e già per questa semplice ragione possa valere la pena di ricercare un vino "naturale". E come, oltre a molti eccellenti vini “naturali”, ve ne siano parecchi difficili da bere al pari della maggior parte dei vini industriali. E' una lettura interessante che, insieme a un intelligente testo di Maurizio Gily (che linko qui), può fornire ulteriori, utili strumenti per un approccio critico e laico ai vini “naturali”.

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giovedì 15 aprile 2010

gut.


Torna, è la quinta edizione, il Gutturnio Festival a Carpaneto, il 24 e 25 aprile. Da un paio di anni questa manifestazione (che è ormai un punto di riferimento importante per il vino piacentino) ha scelto di virare verso il Gutturnio frizzante, cioè, per capirci, di rispondere “frizzante” alla domanda “quale Gutturnio?”. E' vero, c'è Gutturnio frizzante e Gutturnio frizzante, rifermentato in bottiglia o in autoclave, snello e slanciato quasi come un Lambrusco, o potente e muscoloso, però, almeno, qualcuno prova a indicare una direzione. Quest'anno poi verrà presentata una scheda di degustazione, ideata da Giancarlo Grassi, discussa insieme alla Commissione di degustazione del Gut, e pensata appositamente per la tipologia frizzante del Gutturnio. Una scheda personalizzata, insomma, per cercare di valutare al meglio le caratteristiche del vino, per provare a fare un po' di chiarezza e tentare di creare dei confini che non sviliscano le differenze espressive che i diversi territori e le diverse interpretazioni possono e devono dare. A breve la pubblicazione della scheda definitiva.


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domenica 4 aprile 2010

un'altra guida!


In anteprima nazionale viene presentata al Vinitaly, venerdì 9 aprile alle ore 16 (Sala Vivaldi-Palaexpo-Veronafiere) la nuova guida ai vini italiani di Slow Food Editore.
La guida, che uscirà a ottobre, si presenta come una novità nel panorama delle guide enologiche per concezione ed elaborazione.
Roberto Burdese, presidente Slow Food Italia, Marco Bolasco, direttore Slow Food Editore, e i curatori Giancarlo Gariglio e Fabio Giavedoni parleranno dei concetti di fondo che stanno alla base del volume, declinabili in tre semplici parole chiave: uomini, vigne, vini.
• Uomini: 2000 cantine visitate alla scoperta dei volti, delle storie, del lavoro dei produttori. Una fotografia fatta sul campo per trasmettere ai lettori l’istantanea dell’attuale mondo vitivinicolo.
• Vigne: più di 2000 vigneti visitati (unica guida in Italia a utilizzare questa metodologia) per comunicare il valore della terra. Non esiste comunicazione del reale senza averlo osservato e sperimentato.
• Vini: 20 000 vini assaggiati per 10 000 inseriti in guida, raccontati in modo semplice, diretto, puntuale, preciso. Fatto importante, proprio per discostarsi dal format classico delle guide di settore, non si farà ricorso a punteggi per la valutazione dei vini, ma giudizi (ci saranno, ci saranno i giudizi) ragionati che danno la possibilità di far conoscere meglio e più approfonditamente le diverse produzioni.
Alla realizzazione della guida parteciperanno circa 150 collaboratori che hanno sostenuto corsi propedeutici alle visite in cantina con agronomi, enologi e consulenti. Al panel di valutazione si è aggiunto un team di “ospiti” costituito da giornalisti, blogger del settore e accreditati sommelier.


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martedì 9 marzo 2010

mostruosità: domande intelligenti.

The butcher boys - Jane Alexander, 1985-1986

Certe mostruosità, parlo di atteggiamenti nei confronti del vino, partono dai media e si riverberano sulle persone più facilmente impressionabili. La mostruosità in questione fa riferimento ad un atteggiamento sempre più frequente in situazioni del tipo: banco d'assaggio con produttore al tavolo ed avventore/bevitore che porge il bicchiere. Mi spiego. Ogni tanto capita che il bevitore, porgendo il bicchiere, in genere senza salutare la persona che ha davanti, usando un tono aggressivo e indicando una bottiglia a caso chieda: quanti solfiti contiene? Oppure: ma è un vino biodinamico? Come se queste fossero le uniche cose che contano. Col tono “pensavidifarlafrancainvecemisonoinformatocosacredi”. E ovviamente, in genere senza sapere cosa siano i solfiti, che effetti abbiano, eccetera, e senza avere idea di cosa significhi “biodinamico”. E' un atteggiamento che mi fa pensare: ma un po' più rilassati no, eh? Vabè, niente. Qualche tempo fa ho avuto il (dis)piacere di assistere a una scena ancora migliore, finita, per fortuna, in quattro risate.
Sto assaggiando un vino davanti al tavolo di una produttrice. Alle mie spalle arriva un tizio, giovane, tutto compunto, distinto, alto, molto serio. Il tizio, rivolgendosi alla produttrice (come da copione, senza salutare o presentarsi) chiede, indicando una bottiglia a caso sul tavolo: con che lieviti è fatto? (il tono di voce è quello da manuale, cioè vagamente intimidatorio). Io non resisto e rispondo: Bertolini. Il tizio mi guarda truce non capendo. La produttrice (è una produttrice “naturale”), ridendo dice: mah, sa, ho preso delle bustine di lievito in Australia. E scoppia a ridere. Il tizio, un pò offeso, non sa se restare al tavolo o allontanarsi. Poi, per fortuna, chissà, forse capisce e si scioglie in un sorriso.




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giovedì 11 febbraio 2010

sorgentedelvino live.


Secondo appuntamento con SorgentedelVino Live ("Mostra dei vini naturali, di tradizione e di territorio"), dal 6 all'8 marzo 2010 al Castello di Agazzano (Pc). Presenti un centinaio di produttori provenienti da tutta Italia (una decina dai Colli Piacentini). Qui maggiori info.


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lunedì 1 febbraio 2010

slow food pc.


Da qualche giorno Slow Food Piacenza ha una pagina su Facebook (lo so, è una notizia che vi cambierà la vita). Verrà aggiornata (quasi) ogni giorno con video, notizie, commenti, segnalazioni di eventi.


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giovedì 14 gennaio 2010

caratteri.


Tra i percorsi più stimolanti seguiti dalle aziende piacentine c'è senz'altro quello targato Lusenti. Restando al tema “malvasia”, sia la versione secca (prodotta dal 2000), sia quella passita (dal 2006), hanno trovato e stanno trovando caratteri e fisionomie sempre più leggibili, conseguenza di un lavoro in vigna sempre più intelligente e attento.
La versione secca (“Bianca Regina”) sceglie la via di una breve macerazione che esprime alcuni lati del vitigno di partenza - colore, profumi, tannini - senza mortificarli o renderli caricaturali come accade talvolta in altri bianchi da macerazione (prodotti in tutto lo stivale, in territori diversi e con vitigni diversi) dai profili (olfattivi, soprattutto) piuttosto simili tra loro, col risultato (l'equivoco) di cadere nell'omologazione anziché nell'esaltazione delle differenze.

L'annata ora in commercio (2007), è frutto di una stagione calda e ricca. Ricca pure di contrasti e sbalzi termici tra giorno e notte che hanno permesso di mantenere freschezza e nervosismo; quindi grassezza, larghezza, ma anche acidità e soprattutto tannini maturi in evidenza. Meglio ancora i profumi, ampi e complessi, agrumati e molto speziati (zenzero), in continua evoluzione col passar dei minuti.
Ed è molto interessante poi il confronto con l'annata successiva (2008), più semplice sia al naso (floreale, agrumato, meno ricco del 2007), che in bocca, dove è più lineare e scattante, fresco e salato, molto scorrevole. Dove perde in ampiezza e complessità, in quest'annata il vino guadagna in bevibilità. Dove il 2007 è complesso e da pasto, ma anche quasi da meditazione, il 2008 è...da bere. Per capirci, l'ideale per me sarebbe una Malvasia col naso del 2007 e il palato del 2008.
Il 2008 ricorda un po' il 2002, che riassaggiato oggi esprime un'evoluzione controllata (nette sensazioni speziate, balsamiche e di buccia d'arancia), soprattutto al palato, agile, fresco ed ancora supportato da adeguata polpa. Una bella (ri)scoperta.
E poi la versione dolce (“Piriolo”), che già nel 2007 esprimeva densità e grassezza ben contrastate dall'acidità, coi classici, generosi, profumi della malvasia appassita. E che nel 2008 (assaggiato pochi giorni prima dell'imbottigliamento) trova un naso dalle classiche sfumature di pesca e albicocca disidratate, che si sviluppa poi sul versante “caldo” (quasi pantesco) fatto di aromi nitidissimi di dattero e fichi secchi, con un colore pure più carico rispetto alle due precedenti annate. E fin qui tutto, o quasi, come da copione (va da sé, i migliori copioni). Quello che colpisce di più non sono tanto i profumi, non è neanche l'attacco al palato (grassissimo e opulento come ci si aspetterebbe), ma la freschezza sferzante che chiude con decisione e pulizia il finale, tanto da farti chiedere un secondo bicchiere.


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