venerdì 28 maggio 2010

diario di scuola 2.


Seconda giornata di degustazioni a Broni, arriva l'ora delle Barbera, delle Bonarda, degli OP Rossi e simili, insomma arriva l'ora dei denti blu. Per prevenire (o curare) la temuta devastazione cromatica non faccio nulla, se non indossare una maglietta scura (a righe) e sperare che le gocce di vino rosso si confondano sulla tinta scura.

Come l'altra volta siamo: Andrea, io, Massimo. Degli ospiti esterni non c'è traccia. Probabilmente la paura di tingersi lingua e denti con gli antociani bonardosi ha avuto la meglio. I vini. Prima dei rossi, le ultime bollicine, Metodo Charmat principalmente a base pinot nero. Nel complesso la mano è sicura, i vini ben fatti e piacevoli. Poi le Barbera ferme, rispettose di ciò che il vitigno in questi territori può esprimere, con due-tre ottime bottiglie. Pochi i legni invasivi e i vini morbidosi che, quando ci sono, non cadono nella caricatura. Le Bonarde ferme sono interessanti, in particolare quelle giovani (2009 e 2008, pure qualche 2007) che evitano i legni piccoli e le estrazioni massicce, che fanno risaltare più le virtù che i vizi del vitigno, più fresche e spedite, semplici e lineari. Qualche perplessità sulle versioni maggiormente ambiziose ed "estrattive", che faticano a trovare misura e bevibilità, frenate da tannini rigidi e asciuganti. Tornerò sull'argomento con le Bonarde ferme piacentine (settimana prossima si inizia).

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mercoledì 26 maggio 2010

diario di scuola.


Parte da oggi un diario delle degustazioni in corso per Slow Wine 2010 – Uomini, Vigne, Vini, la nuova Guida che Slow Food pubblicherà in ottobre. Si inizia con l'Oltrepo, di cui assaggeremo poco più di 300 vini di oltre cinquanta aziende. Le valutazioni che leggerete sulla Guida non saranno solo frutto delle degustazioni “in batteria”, ma queste, insieme alle visite in azienda, permetteranno di scattare una fotografia incompleta, certo, ma significativa di un territorio che qualcuno (un astronomo, forse) ha definito “il buco nero della vitivinicoltura italiana”, suscitando reazioni del tipo: non è vero che è un buco nero, bensì una voragine. Qualcun altro (un ferroviere?) ha parlato di un treno con locomotive che viaggiano a diverse velocità (!). I vari giri nelle aziende mi stanno facendo capire qualcosa di più sulla zona, ad esempio che le definizioni di cui sopra non sono poi così distanti dalla realtà, ma che più d'un produttore sta cercando vie alternative. E allora è bello pensare che sì, ci vorranno anni? decenni? (qui ci vorrebbe un astrologo...), ma le nuove teste riusciranno a proporre un'idea diversa di Oltrepo. Un'idea che in alcuni progetti (aziendali, consortili) ed in alcuni vini già si vede.
Comunque, la commissione di degustazione dell'Oltrepo è composta principalmente da (in ordine alfabetico): Andrea, io, Massimo. Più alcuni ospiti esterni, assenti il primo giorno. La sede principale degli assaggi è a Broni, presso il Consorzio, dove il personale efficientissimo facilita non poco lo svolgimento degli assaggi.
I vini, dunque. Anzi, prima una premessa. Una cosa che ho imparato in questi anni è che dopo una degustazione di vini rossi si diventa impresentabili. Il colore dei denti muta in una poco seducente tonalità blu-nerastra. Per non parlare della lingua, che assume inquietanti sfumature violacee, e degli schizzi di vino che guizzano imprevedibili e, rimbalzando sulla sputacchiera, atterrano sulla maglietta (vabè, basta mettersi magliette scure). In questi casi bisogna evitare di ridere mostrando i denti. Al massimo si può sorridere, ma non ai carabinieri che magari ti fermano per un controllo mentre torni a casa. Rimedi? Non assaggiare vini rossi, che nella terra della Bonarda e del Pinot Nero è un po' difficile. Allora, per ritardare almeno un pò la devastazione cromatica, il primo giorno abbiamo assaggiato solo Metodo Classico e Riesling, rimandando a due giorni dopo i vini rossi. Così, dopo questa lunghissima tiritera, eccoci a qualche commento sui vini degustati il primo giorno.
I Riesling. Riesling. La parola magica per chi ama la Mosella e l'Alsazia. Qui però, oltre al renano, c'è anche l'italico, che sfrutta nel nome la nobiltà del primo, ma più di un tot difficilmente riesce a dare. Quindi, aldilà di terreni e microclimi adatti al renano (che in Oltrepo ci sono), la questione va vista anche da un punto di vista ampelografico e di una denominazione in cui è permesso assemblare i due vitigni. Sia quel che sia, l'impressione complessiva è di vini corretti, ben fatti, dignitosi, ma con poco che riesca a svettare.
Poi le bollicine, a partire dall'ambizioso e coraggioso progetto del Cruasè, Metodo Classico rosè da pinot nero che si presentano per la prima volta al pubblico con l'annata 2007 e mostrano caratteri molto eterogenei (basti vedere, a titolo esemplificativo, le enormi differenze cromatiche, ma non solo). Aldilà dell'aspetto qualitativo (altalenante), ciò che vien da pensare è a un linguaggio in via di formazione, ancora un po' confuso e privo oggi di un'identità ben riconoscibile. Ma è normale che sia così, è un progetto a lungo termine, è l'inizio, è giusto dargli tempo.



Una mano oggi più intrigante e sicura la si trova nei Metodo Classico “bianchi” da pinot nero (chiamiamoli Blanc de Noirs, ok?), dove la lingua parlata è più solida, anche perché più consolidata rispetto al mondo in evoluzione del Cruasè. Ed è una mano che non indugia su morbidezze e svenevolezze, ma che anzi mostra spesso un piglio grintoso e deciso, tra acidità tese, sussulti salini e scie amarognole, con tre-quattro etichette almeno di eccellente livello. Anche qui pare esserci molto ancora anche in termini potenziali, con ulteriori margini di miglioramento.
A presto per aggiornamenti!

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