lunedì 14 gennaio 2008

LA STORIA DEL VIN SANTO DI VIGOLENO



Secondo alcuni storici il nome "Vigoleno" deriverebbe dal latino “Vico Lieo”, ovvero “villaggio di Bacco”, a testimonianza dell’antica tradizione vitivinicola del luogo.
Esistono numerose testimonianze storiche sulla produzione di vino nel borgo. Ecco un estratto dell'inventario del castello, relativo alla cantina, datato 3 marzo 1539, che indirettamente attesta il consumo di vino, presumibilmente locale, nel borgo:
"In la prima caneva botte numero tre da vino vote…In una altra bora botte numero quattordici, in tre delle qual sono brente sedici di vino, la maggior parte bianco, vel circa".



Negli archivi della parrocchia di San Giorgio si trovano riferimenti alla situazione dei terreni nei dintorni del borgo negli anni 1558/1559. Le vigne coprivano complessivamente un'estensione di 1578 pertiche, equivalenti a circa 120 ettari.
Vi sono numerose testimonianze, dirette e indirette, sulla presenza e il consumo di vino a Vigoleno anche nei secoli successivi. Nei documenti del fondo Scotti Douglas da Vigoleno (conservato presso l'Archivio di Stato di Piacenza si trovano soprattutto cenni relativi alla compravendita di vino rosso e Moscatello. Ecco un'altra testimonianza, riguardante l'"arredamento" della cantina del castello, proveniente da "L'inventario dei mobili di Alberto Douglas Scotti da Vigoleno nel suo palazzo di Vigoleno" (2 maggio 1804):
"Nella cantina della fontana vi sono le seguenti botti e tine. Prima botte di castagno con 4 cerchi di ferro, che tiene Brente 20 circa; la seconda come la prima Brente 18 circa; la terza come sopra di Brente 16 circa; la quarta pure come le altre di Brente 14; la quinta poco buona di Brente 11; la sesta di Brente 9 circa. Tre tine buone con 3 cerchi di ferro ciascuna, che tengono in tutto Brente 85 circa; altre 3 tine verso il torchio come sopra, una però è poco buona, e tengono in tutto Brente 60 (…). Nella cantina seconda vi sono 3 botti quasi inutili, 2 con 4 cerchi di ferro, ed una con 2; un bottone senza fondello con 4 cerchi di ferro che tiene Brente 25 (…)".

Più difficile invece trovare cenni storici sulla nascita del Vin Santo di Vigoleno (che nel luogo di produzione in realtà viene chiamato "Vino” Santo). Sempre nel ricco fondo Scotti Douglas da Vigoleno si trova il "Libro del dare e dell'avere dei fittabili di Vigoleno", dove sono riportate due note del 1826 che attestano quanto meno l'esistenza del "Vino Santo" in quell'epoca. La prima, dell'8 gennaio, dice: "…ricevuta uva da Vino Santo dal masaro pesi diecinove e mezzo in prezzo di lire due e soldi dieci". La seconda, dell'8 settembre, è ancora più breve: "…ricevuta da Coloreti Antonio uva da Vino Santo".
Esiste poi un testo dello storico Lorenzo Molossi, "Vocabolario topografico di Parma, Piacenza e Guastalla" (1832-1834) in cui l'autore indicava Vico Lieo "come luogo in cui la squisitezza dei suoi vini, a Bacco si consacrasse", per poi passare a descrivere le risorse agricole del borgo:
"Il suolo produce principalmente grano, vino, legumi, castagne, indi grano turco, biada, frutta, funghi e poco fieno. Le uve, massimo le rosse, sono squisite; quelle di Bacedasco hanno molto grido; e i vin santi vengono meritatamente lodati".
Di epoca successiva (24/09/1888) è invece una nota, proveniente sempre dal fondo Scotti Douglas di Vigoleno, relativa all'affitto del torchio del castello da parte di Alberto Scotti a Varani Enrico e Sozzi Amato "per la fabbricazione del Vino Santo (…), per l'annua somma di lire 75, per anni 3".

Come abbiamo visto le fonti storiche certe sono molto rare, ed il tutto si limita in genere a scarne note contabili utili solo allo scopo di datare la produzione del Vin Santo.
Altra fonte storica è quella orale, incarnata dai discendenti dei primi produttori, famiglie che attualmente non producono più il Vin Santo. La famiglia Mangiavacca conserva bottiglie del 1848 e ricorda come fosse d'uso imbottigliare un certo numero di bottiglie di Vin Santo in occasione di una nascita, per poi regalare le bottiglie al nascituro una volta sposato oppure di stappare una bottiglia di Vin Santo durante i battesimi; in famiglia si narra di una bottiglia del 1900 stappata, ancora bevibile, nel 1967. Personalmente ricordo di aver stappato ad inizio 2004 una bottiglia del Vin Santo di Vigoleno annata 1967 prodotto dalla famiglia Volpicelli, conservata con cura nelle cantine di casa Villa, accanto all’oratorio della Madonna delle Grazie: il vino era ancora piacevole, dolce, intenso e "vivo" nonostante i 37 anni d'età.
I Volpicelli rammentano bottiglie del 1860 e conservano una targa vinta all'Esposizione di Piacenza del 1908 (in occasione dell'inaugurazione del ponte sul Po) ed un'altra ottenuta all'Esposizione Nazionale ed Internazionale di Torino del 1928.
Anche la famiglia Villa conserva una targa dell'Esposizione di Piacenza, oltre ad una vecchia etichetta dove è menzionato il premio vinto all'Esposizione Internazionale di Milano del 1906.
Come risulta dal n° 22 (15 novembre 1908) de L’AGRICOLTURA PIACENTINA, tra i premiati con la medaglia di bronzo alla Mostra Agraria del 1908 vi fu l’Azienda Villa Enrico fu Vincenzo di Vigoleno per il suo Vino Santo.
In conclusione la data di nascita del Vin Santo di Vigoleno può essere fatta risalire con certezza almeno agli anni '20 del XIX secolo, ma presumibilmente si deve andare indietro nei secoli, fino al XVIII se non prima, per trovarne le vere origini.
Ma il Vin santo di Vigoleno, come tutti i prodotti tradizionali che incarnano così profondamente lo spirito di un territorio, vivrà sempre anche, forse soprattutto, di tradizioni orali.
La Parrocchia di Vigoleno è stata un po’ la tutrice del Vin Santo. Ha sempre imbottigliato e pare che lo portasse in Curia per venderlo ai fedeli. Purtroppo si è interrotta la tradizione che voleva il parroco produttore di Vin Santo. L'ultimo parroco a produrre il Vin Santo è stato Don Leonardini, che utilizzava il Vin Santo anche per officiare Messa (per questo la vigna da cui si otteneva l'uva per il Vin Santo era chiamata "Vigna d'la Madona", cioè "Vigna della Madonna) e che inviava il Vin Santo anche alle parrocchie vicine.
Era il vino per gli ospiti. Solo negli anni ’70 del Novecento si è cominciato a imbottigliare. Ma sempre senza grossi pretese commerciali. È sempre rimasto il vino da regalare nei momenti importati e da offrire agli ospiti più graditi.
Il Vin Santo di Vigoleno è da sempre considerato vino di particolare pregio: il sig. Volpicelli ricorda come negli anni '60 del secolo scorso il prezzo di una bottiglia (erano bottiglie da 0,75 l.) variava dalle 700 alle 800 lire contro le 100 dei vini comuni. Un testo di Mario Fregoni, del 1966, conferma la tesi precedente: "La scarsa produzione non deve tuttavia sminuire il valore e l'importanza commerciale di questo vino piacentino, dato che presenta una finezza ed una armonicità di sapori e profumi superiori anche ad altri vini Santi di altre provincie italiane e quindi può essere esitato sul mercato a più di 1000 lire al litro".
In una ricerca scolastica, risalente al 1978, svolta dagli studenti della scuola elementare di Vigoleno, si legge che il Vin Santo "…viene venduto ad un prezzo alto, a 2.500 lire"; oggi il Vin Santo di Vigoleno è, giustamente, il più caro tra i vini doc dei colli piacentini.


LA STORIA DEI VINI PASSITI/VIN SANTI PIACENTINI
Al Museo dell'Agricoltura de la Tosa (a Vigolzone) si trovano alcuni documenti che attestano la produzione nei secoli scorsi di Vini Santi tra la Val Trebbia e la Val Nure.
Altri Vin Santi sono stati occasionalmente prodotti da singole famiglie in tempi non troppo recenti, senza però che sia poi nata una tradizione longeva.

Lo testimonia ad esempio un torchio a doppia vite in legno d’ulivo, che fino al 1940 era usato dalla famiglia Razza per schiacciare le uve scelte per Vin Santo, appartenenti alle varietà besgano bianco, malvasia, verdea e pizzutello. Le uve venivano raccolte prendendo il picciolo per non toccare gli acini con le mani e distese su ripiani di cannette poste in uno stanzone all’interno del castello di Aguzzano, fino a dopo Natale, epoca di torchiatura. Tra calo di peso e scarto degli acini marciti vi era una diminuzione del 50% in quantità.
Il torchio, azionato da due uomini, rilasciava un mosto denso che veniva immesso in botticelle di rovere da 50 litri dove avveniva una sedimentazione; dopo 10 giorni veniva travasato in una botticella ancora più piccola per eliminare il deposito e così dopo 20 e dopo 50 giorni.
Vi erano 10 botticelle contenente ciascuna un’annata di Vin Santo. Il più invecchiato era destinato dalla proprietaria del fondo, Annetta Massari, al figlio Don Eliso, parroco di Santa Brigida a Piacenza, che utilizzava il nettare durante la messa e per premiare i chierichetti più assidui e più studiosi.

Un Vin Santo era prodotto anche tra Rezzano e Travazzano in Val Chero, sul lato sinistro della vallata, sulla costa verso Celleri tra il Chero e il Vezzeno, dai fratelli Gallini di Rezzano.
Lo testimoniano una medaglia d’oro assegnata all’Esposizione di Milano del 1894 ed una medaglia vinta alla rassegna di Piacenza del 1902.

2 commenti:

fahrenheit 451, sonia ha detto...

Se non sbaglio era stato pubblicato un libro sul Vin Santo di Vigoleno di cui Vittorio Barbieri era l'autore. corrisponde al vero? è un volume rintracciabile?

vit ha detto...

sì il libro era stato pubblicato 5 anni fa, ma purtroppo è esaurito. Ne erano state stampate 600 copie, una tiratura "confidenziale" che curiosamente ricorda quella delle bottiglie di Vin Santo prodotte da ogni singolo produttore...facendo trasloco ne ho scovate una quindicina di copie in cantina, ma in pessime condizioni a causa dell'umidità e quasi illeggibili (...avevo una cantina, e una casa, molto umida...). Se ne vuoi una copia di queste ti posso fare lo sconto di 50 centesimi ih ih ih