giovedì 17 gennaio 2008

IL VIN SANTO DI BARATTIERI - L'ELEGANZA

Ad Albarola, in Val Nure, in una delle aree più ricche di potenzialità di tutti i Colli Piacentini (con forte presenza di argille rosso-brune ferrettizzate) si produce uno dei nettari dolci più emozionanti di tutta la penisola. Un eccezionale Vin Santo. Prodotto certamente dall’inizio dell’800, ma quasi certamente fin da epoca precedente, visto che antiche fonti riferiscono che il Vin Santo di Albarola veniva inviato a Milano alla corte ducale dei Visconti.

In zona sono piuttosto rinomate le presunte proprietà taumaturgiche del Vin Santo. Si dice che la bisnonna di un produttore della vallata sia guarita dalla polmonite grazie alle ingenti quantità ingerite del prezioso nettare.
Si narra poi che nel 1920 un moribondo, membro della famiglia Barattieri, colpito da febbre tifoidea chiese, come ultimo desiderio, di bere un bicchiere di Vin Santo di Albarola; bevuto il Vin Santo il malato cadde in un sonno profondo e dopo 48 ore si risvegliò guarito.


Un tempo vi era la tradizione, da parte di chi aveva familiari malati, di recarsi ad Albarola per ottenere una bottiglia del Vin Santo di Barattieri da far bere all’ammalato sperando nella sua guarigione.


Oggi il Vin Santo viene prodotto a partire da vecchi vigneti di malvasia di Candia aromatica (un tempo si utilizzava anche il locale “champagnino”, ovvero marsanne) impiantati nel 1958 e nel 1982, soprattutto nella sottozona “Mercati”. L’uva è raccolta in cassette con diversi passaggi per scegliere i grappoli migliori e più spargoli.


(grappolo di malvasia di Candia aromatica)


L'uva viene poi stesa su cannette e graticci in solaio, dove rimarrà fino a completo appassimento (di solito metà-fine dicembre), epoca in cui si svolge la torchiatura.


Il mosto così ottenuto viene posto in una vasca d'acciaio fino alla formazione di una pellicola superficiale che lo isola e lo protegge dall'ambiente esterno.


Il mosto viene travasato nelle botticelle di rovere (con doghe spesse 5 centimetri e più, in buona parte con capacità di 250 litri) contenenti una “madre” risalente al 1823 (che viene “nutrita” con fonti di carboidrati). Nelle botticelle lasciate scolme si svolgerà una lunghissima fermentazione alcolica ad opera dei lieviti indigeni, senza aggiunta di solforosa e sfruttando gli sbalzi termici da una stagione all’altra. Vengono ancora utilizzate in parte le botticelle originali del 1824.


(particolare di una delle botticelle del 1824)

Segue un affinamento di 9 anni nelle botticelle, poi decantazione, assemblaggio finale delle diverse botticelle (ne vengono utilizzate 3-4 per ogni annata, tra cui sempre almeno una di quelle del 1824) e imbottigliamento senza aggiunta di solforosa. Punto.



(visioni d'insieme della vinsantaia)

Facile, no?

Gli zuccheri risultano essere in genere tra 250 e 300 gr/l, alcol svolto tra 12% e 13%, alcol complessivo tra 26% e 30%, acidità totale 8-9 gr/l, volatile intorno a 1 gr/l, estratto secco netto circa 40 gr/l o più.



(...bisognerà pazientare qualche anno...)

LA VERTICALE


Pur costituendo nel panorama dei vini dolci piacentini (dei vini dolci tout court, in realtà) un caso a sè, ne rappresenta comunque il massimo vertice qualitativo. Ne fa dunque pienamente parte (non è un marziano venuto dal nulla), affonda le proprie radici in un territorio ben definito che si chiama Albarola, viene prodotto da un vitigno che è una delle più grandi fortune che i Colli Piacentini possiedono utilizzando un metodo tramandato da generazioni.
E' come Yquem per il Sauternes. O come Avignonesi per il Vin Santo toscano.


1988

Seconda annata ufficialmente in commercio.

Ambrato con sfumature oro antico, si presenta lievemente opaco. Al naso si accavallano note di tamarindo, frutta candita, pasticceria, rosmarino e agrumi. Palato consistente e grasso, ma elegante ed equilibrato grazie a una buona acidità. La progressione gustativa si giova di un vastissimo spettro aromatico che chiude su fresche e persistenti note di confettura di rabarbaro. 89/100



1989


Ricchissimo di sfumature, multidimensionale e molto complesso: al naso tamarindo, fichi secchi, nocciola, miele, tè, crema pasticcera, canditi, brioche. Palato grasso e viscoso, di persistenza lunghissima. Attacca dolce e ampio, s’ispessisce polposo per trovare un cambio di ritmo che è prerogativa dei grandi vini. Allunga composto e inesorabile con bella propulsione dai tratti persino austeri e quasi nervosi (un’appena accennata scia amarognola) distendendosi in una coda finale di grande aromaticità balsamica, lunga e rinfrescante. 92/100



1992


Colore più evoluto, leggermente velato nel bicchiere. Il naso dirompe su tratti di caramella mu ed erbe aromatiche, nocciola, mandorla, fichi e tamarindo che si moltiplicano tra di loro anziché sommarsi semplicemente. Il palato è ampio, fresco e ricco di sovrapposizioni, con la caratteristica e lunghissima nota di zabaione. Salda e serrata la progressione gustativa, ben equilibrata e molto persistente. Esemplare. 91/100



1993


Ambrato con accenni ramati. Denso e ricco all’olfatto, esplode al palato con bell’impatto di morbida cremosità e buona freschezza, esibendo un ventaglio aromatico meno spinto sulla classica nota di zabaione alla menta, ma con profondità gustativa importante. 89/100



1994


Oro intenso e brillante. Ricco e complesso, attacca grasso e polposo sviluppando una bella profondità gustativa. La decisa acidità spinge il vino verso un finale che chiude su toni di frutta matura ed intriganti riverberi balsamici. 89/100




1995


La produzione raddoppia (quasi 600 bottiglie prodotte).


Colore oro antico di bella vivacità. Note di nobile evoluzione che si fondono con sensazioni cremose (chantilly) e di nocciola tostata in un naso molto seducente. Bocca grassa e profonda anche se più sottile di altre annate. In questa versione il nettare di Albarola trova dunque uno sviluppo lineare e fresco, più semplice. 88/100



1996


Occhio ambrato di grassa fluidità e un po’ torbido. Ossidazioni nobili con vastissimo e cangiante spettro olfattivo: miele, canditi, zabaione, savoiardo, pan di spagna, foglia di tè, tabacco dolce, pesca matura, nocciola. Il palato è un’esplosione di velluto, ampio e grasso con l’inconfondibile e rinfrescante scia balsamica ad irradiarsi in un centro bocca sciolto e continuo, elegante ed equilibrato nonostante l’elevatissimo residuo zuccherino. Finale cremoso e interminabile, di grande tensione espressiva. Nettare assoluto. 93/100



1997


Le note mentolate ben si combinano con miele, fichi secchi, agrumi canditi, tabacco dolce. La bocca è ricca e avvolgente, armoniosa nonostante la notevole densità. Si sviluppa appena più sottile e stretto del ’96, spinto da una lunga e fresca scia balsamica (più menta che zabaione) che innerva la struttura coadiuvata da una bella vena acida. Di grande bevibilità. 91/100


8 commenti:

Unknown ha detto...

Ottima iniziativa!
Questo capolavoro di vino merita di essere portato a conoscenza dei navigatori della Rete.... ma andrebbe degustato soltanto da chi lo sappia veramente apprezzare.

Francesca ha detto...

Finalmente la voglia di raccontare una delle sorprese più interessanti del territorio piacentino che spesso e volentieri si ritrova a parlar solo di Coppa e Pancetta.
Complimenti Vitto!

Conosciamo il Vin Santo di Barattieri e assaggiamolo perchè anche i meno esperti ne coglieranno sicuramente spunti preziosi.

vit ha detto...

Sono convinto che sarebbe un peccato nascondere questo vino (idem per il Vin Santo di Vigoleno). Sono dell'idea che vada fatto conoscere, cioè fatto degustare e bere a più persone possibili, senza tenerlo gelosamente celato. Credo che questo vino vada raccontato e per quanto possibile diffuso. Lo so che parlare di diffusione per un vino prodotto in poche centinaia di esemplari può far ridere...ma credo sia importante (e appagante) farlo conoscere a chi ancora non ne conosca il valore.

Anonimo ha detto...

Si potrebbero confrontare con qualche Vin Santo Toscano, che sò:
San Giusto a Rentennano
Rocca di Montegrossi
Isole e Olena
Felsina
sarebbe interessante, noh!!!!

vit ha detto...

Nelle prossime settimane/mesi ho intenzione di proporre un nuovo confronto in degustazione comparata tra Vin Santi di Vigoleno, Barattieri e Vin Santi di altre zone.
Dico nuovo confronto perchè ormai 3 anni mezzo fa (luglio 2004) Spirito DiVino organizzò una degustazione comparata (alla quale ho avuto la fortuna di partecipare) di una trentina di Vin Santi italiani tra cui Barattieri '94, i Vin Santi di Vigoleno di Perini '97 e Lusignani '96, oltre a Rocca di Montegrossi '97, Isole e Olena '97, San Giusto '96 e Felsina '93. Il racconto della degustazione è stato poi pubblicato sul numero di ottobre/novembre 2004 della rivista. Avignonesi '93 a parte che ha ottenuto il punteggio più alto (94/100), Barattieri è uscito alla grande con 91/100, il secondo miglior punteggio della degustazione. Rocca di Montegrossi, Isole e Olena e San Giusto sono risultati tra i migliori con punteggi tra 90/100 e 86/100; poco più indietro Perini, Felsina e Lusignani.
Pochi mesi dopo la rivista dell'AIS ha proposto un'analoga degustazione (senza i Vin Santi di Vigoleno) ed anche qui dietro Avignonesi si è piazzato Barattieri, ma a questa desgustazione non ero presente e ho visto di sfuggita l'articolo quindi non so essere più preciso.
Quindi in effetti qualche riscontro molto positivo nei confronti diretti c'è già stato, ma i tempi sono maturi per proporre nuovi confronti!

Stefano ha detto...

Complimenti, Vittorio!
Penso che tu e i vari appassionati, degustatori e bloggers abbiano da sbizzarrirsi tantissimo su un argomento solo apparentemente locale-localizzato, in realtà ampissimo e dai molto risvolti, nonché storie correlate, come quelle che hai già cominciato a raccontare a proposito dei Vin Santi.
Come tu hai scritto nel “Si parte”, Piacenza possiede, nel campo dei Passiti, due peculiarità: una è la tradizione dei Vin Santi, più circoscritta (pur con risultati ai massimi livelli nazionali, specie con l’affascinante ed evocativo Vin Santo di Barattieri, e ciononostante in parte ancora da scoprire e da valutare nella sua giusta grandezza), l’altra, più universale, è la presenza nella nostra zona della Malvasia di Candia aromatica. E’ grazie alla sua incredibile tavolozza di aromi e di sensazioni gustative diverse e a volte quasi contrastanti tra loro, che la nostra provincia sta sviluppando tanti bei e grandi vini passiti.
Ospitare sulle nostre colline questo meraviglioso vitigno è una grande fortuna che abbiamo, e che abbiamo il dovere di valorizzare: un blog-racconto-incontro di opinioni come questo è non solo un grande stimolo per farlo, ma anche un momento stesso di valorizzazione davvero importante.
Per parlare di cose concrete, visto che nei primi interventi del blog si è parlato di progetti di degustazioni future a proposito dei Vin Santi, altri progetti di questo tipo potrebbero riguardare degustazioni delle Malvasie passite della nostra provincia, mettendo a confronto le varie tipologie e metodologie di appassimento, che già adesso nella nostra zona sono così variegate, tra loro e successivamente con vini passiti di tutta Italia: potrebbe essere interessante un confronto tra vini provenienti da fasce climatiche diverse, un confronto diretto coi Passiti del sud, un confronto con la Malvasia di Lipari, uva dal genoma differente da quello della nostra Malvasia ma dall’origine geografica con tutta probabilità comune e dalle carattersitiche aromatiche assai simili, eccetera.
Qui interrompo il mio intervento, per non far sorridere o imprecare chi mi conosce e, come tutti e temo a ragione, sostiene che sono alquanto prolisso, sia nel parlare che nello scrivere. Ancora complimenti e grazie, Vittorio, per questo tappo che hai estratto: penso che dalla ‘bottiglia’ che hai stappato usciranno tanti argomenti, notizie interessanti, spunti e, non ultime, occasioni per degustazioni, fatte in prima persona o lette sul blog, piacevoli e utili per tutti.

vit ha detto...

Caro Stefano, allora grazie a nome di tutti...per esserti trattenuto con le parole. Scherzo, anzi spero vorrai intervenire spesso senza paura di essere prolisso. (ok, me la sono cercata).
Questo neonato blog nasce con due parole come "divulgazione" e "confronto" ben impresse nel codice genetico. La prossima degustazione di cui si potrà leggere nel blog sarà proprio un confronto tra le varie tipologie ed etichette di Malvasia Passiti piacentini...più qualche intruso.
Perchè penso che curare ed esaltare il proprio orticello sia occupazione rilassante e rassicurante, ma il proprio orticello acquisisce forza, credibilità, senso e identità solo nel confronto con gli altri.

Anonimo ha detto...

Ciao Vittorio.
Lascio impronta del mio passo.
Speriamo questo spazio diventi fucina di idee e aperte discussioni per il nostro vino piacentino che ne ha tanto bisogno.
Buona fortuna.